attilio pasqualini

Il giornalismo scientifico per la costruzione di una matura cittadinanza scientifica: seminario di Pietro Greco a Roma.

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Gen 202015
 

ritratto di Pietro GrecoIl 16 gennaio scorso, presso l’Istituto di Zoologia della Sapienza, si è svolto un seminario di “giornalismo scientifico”, organizzato dall’ANISN Lazio. Relatore dell’incontro è stato il dott. Pietro Greco, giornalista e scrittore. Di lui Alessandra Magistrelli, aprendo il seminario, ha ricordato la pluridecennale e prestigiosa attività ed ha voluto segnalare, in particolare, il sito www.scienzainrete.it ed il ruolo che Pietro Greco svolge come direttore responsabile della nostra rivista “Le scienze naturali nella scuola”.
Nella scelta dell’argomento del seminario gli organizzatori hanno pensato soprattutto agli studenti ed in particolare a quelli che affronteranno l’esame di maturità. Una delle tipologie previste dalla normativa per la prima prova è infatti “l’articolo di giornale” per cui le indicazioni ed i suggerimenti di un esperto giornalista quale Pietro Greco possono rivelarsi utili, in particolare per affrontare l’ambito tecnico-scientifico, spesso problematico per i nostri studenti.
Pietro Greco ha impostato il seminario sulla risposta a tre quesiti fondamentali della comunicazione scientifica: “come” comunicare, “cosa” comunicare, “perché” comunicare.
Quanto al “come” comunicare ha ricordato i consigli di Italo Calvino: la “leggerezza” dello scrivere, l’esattezza, la coerenza, lo sforzo nel rendere “visibili” le cose descritte, l’analisi di ogni fenomeno non da uno solo, ma da diversi punti di vista.
“Cosa” comunicare? Qui l’indicazione è inequivocabile: bisogna conoscere ciò che si comunica,
quindi studiare, approfondire, perché “solo se leggi sai scrivere !”
E infine, “perché” comunicare la scienza? Perché la comunicazione è democrazia ed oggi, acquisiti i fondamentali diritti di cittadinanza civile e di cittadinanza politica, emerge sempre più la domanda di diritti di cittadinanza scientifica, cioé di un accesso alla cultura scientifica che consenta la partecipazione consapevole alle scelte della politica in materie quali, ad esempio, l’ambiente e la salute.
A febbraio l’ANISN Lazio organizzerà un secondo incontro col dott. Pietro Greco e su questo sito verrà comunicata la data appena sarà disponibile.

LA PROPOSTA DI LEGAMBIENTE SULLA “BUONA SCUOLA”

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Nov 132014
 

Anche  Legambiente Scuola e Formazione partecipa al dibattito sul Rapporto del governo “La buona scuola”, giunto ormai alle fasi conclusive (si chiude il 15 novembre).

Le proposte dell’Associazione ambientalista toccano temi importanti, molti dei quali sicuramente condivisi dalla maggior parte dei docenti. Alcune proposte poi mi sembrano particolarmente in sintonia con quanto, da tempo, sostiene l’ANISN; è il caso, ad esempio, della richiesta di potenziamento della didattica laboratoriale e del conseguente maggior tempo scuola da  dedicare ad essa, della necessità di disporre di spazi per l’apprendimento adeguati, di ridurre il numero di alunni per classe, di promuovere  la formazione continua di docenti e D.S., di introdurre l’organico funzionale,  di attivare una effettiva autonomia didattica.

In allegato ( la scuola cambia se… ) si può  consultare il testo completo della proposta di Legambiente Scuola e Formazione

attiliopasqualini@gmail.com

L’ANISN di Palermo all’USR di Sicilia sulla “buona scuola”

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Ott 302014
 

L’ANISN di Palermo ha curato la preparazione e la trasmissione all’Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia del documento di osservazioni e proposte sul rapporto “La buona scuola”  che alleghiamo: CONSULTAZIONE_FORMAT_ANISN_27_10_2014

L’USR della Sicilia aveva invitato le diverse componenti del mondo della scuola dell’isola a partecipare alla consultazione sul rapporto del governo proponendo un format con una serie di aree di osservazione a cui il documento dell’ANISN si è attenuto.

Analoghe iniziative sono state attivate in tutta Italia da altri USR; ci auguriamo che le sezioni locali dell’ANISN seguano l’esempio dei colleghi siciliani.

attiliopasqualini@gmail.com

La proposta dell’ANISN “per una cittadinanza scientifica”

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Ott 292014
 

Quello che segue è il documento che l’ANISN ha presentato in varie occasioni alle diverse forze politiche nel corso di questo 2014. Le considerazioni e le proposte qui contenute costituiscono inoltre importanti punti di partenza da sviluppare nel dibattito che il MIUR ha aperto sul rapporto governativo “la buona scuola” (https://labuonascuola.gov.it/#consultazione ) ed al quale si invitano tutti i frequentatori di questo sito a partecipare.

Per una Cittadinanza scientifica

L’ANISN (Associazione Nazionale degli Insegnanti di Scienze Naturali) intende indicare un’esigenza presente nella società italiana a cui corrisponde un ritardo della nostra scuola. Intende altresì indicare alcune proposte che riteniamo necessarie per recuperare questo ritardo.

L’esigenza sociale

E’ indubbio che il ruolo della scienza nella società contemporanea è enormemente aumentato, basti solo pensare all’impatto sociale delle problematiche sanitarie, di quelle ambientali, di quelle energetiche. Questo comporta la necessità che il cittadino possegga non solo gli strumenti per esercitare i propri diritti ed assolvere i propri doveri di cittadinanza sociale e politica, ma anche quelli che gli permettano di accedere alla conoscenza scientifica, intesa  non come possesso di tutte le infinite competenze specifiche, ma come capacità di capire la scienza e le sue applicazioni tecnologiche, di valutarne l’uso sociale e di comprenderne le finalità. Gli esempi di cattivo o mancato  esercizio della Cittadinanza scientifica e di conseguente deriva demagogica e irrazionale  sarebbero infiniti, si pensi al recente caso Stamina, alle problematiche legate alla procreazione medicalmente assistita, agli OGM, ai cambiamenti climatici, alla clonazione, ai campi elettromagnetici, al dissesto idrogeologico, alle cellule staminali, alla sperimentazione animale e così via.

L’esigenza per i cittadini italiani di domani di esercitare una piena Cittadinanza scientifica deve  quindi concretizzarsi nel fornire loro le competenze per orientarsi  nella scienza e per “partecipare”  consapevolmente alle decisioni della politica che incidono sulla vita dei singoli e della collettività.

Il ritardo della scuola

Il ritardo della società italiana quanto ad esercizio della Cittadinanza scientifica è evidente. Qualcuno potrebbe consolarsi pensando che si tratta di un ritardo residuale, che riguarda principalmente la popolazione più anziana e non i nostri giovani, nativi digitali e più scolarizzati dei propri genitori. Non è così. La nostra scuola è astratta, poco attenta al “saper fare”, rigida e priva di autonomia e di opzioni, ancora caratterizzata da gerarchie disciplinari e senza integrazione tra i grandi assi culturali raccomandati dal Parlamento Europeo e dal Consiglio nel 2006, una scuola scarsamente o per nulla “laboratoriale” (intendendo il laboratorio non solo come luogo fisico ma anche come metodologia didattica) ed in cui lo stesso tempo-scuola assegnato alle  discipline scientifiche sperimentali (Fisica, Biologia, Chimica, Scienze della Terra,  Astronomia) è troppo spesso marginale rispetto a quello delle discipline  umanistiche e anche della matematica. (Allegato: tab.1, Rapporto Eurydice sull’istruzione in Europa 2012, pag. 143-144; tab.2, monte ore delle aree culturali nella secondaria di I grado; tab.3, monte ore degli assi culturali nel I biennio della secondaria di II grado).

Le proposte

L’ANISN ritiene che alla conclusione del proprio ciclo di studi i nostri giovani debbano essere in grado di esercitare la Cittadinanza scientifica. A tal fine riteniamo che si debbano innanzitutto costruire curricoli  rinnovati, capaci non solo di migliorare la qualità e quindi l’efficacia dell’offerta formativa delle Scienze Sperimentali, ma anche di accrescerne il monte ore ponendolo in linea con quello degli altri paesi. A tal fine l’ANISN propone:

Autonomia, Flessibilità, Opzionalità. Introdurre nella scuola secondaria di I e II grado l’orario d’insegnamento minimo per ogni asse culturale (asse dei linguaggi, asse matematico, asse scientifico-tecnologico, asse storico-sociale) e un orario obbligatorio aggiuntivo flessibile, discrezionale della scuola e che consenta, nella  secondaria di II grado, l’attivazione di percorsi opzionali. L’orario minimo di ogni asse culturale dovrà consentire di superare l’attuale marginalità degli insegnamenti scientifici sperimentali in particolare nella secondaria di I grado e di alcuni di essi  (Biologia e Scienze della Terra) nel I e II biennio e nell’anno finale della scuola superiore. (Allegato: tab.4, monte ore delle discipline scientifiche sperimentali nel II biennio ed anno finale dei licei).

– Assegnare alle scuole un organico funzionale d’istituto e/o di rete, che consenta l’applicazione effettiva dell’autonomia didattica (flessibilità e opzionalità),  il superamento dell’attuale rigidità del gruppo classe e l’arricchimento dell’offerta extracurricolare.

– Conferire maggiore unitarietà al sistema d’istruzione secondaria di II grado, superando l’attuale  forte disomogeneità  tra I biennio dei professionali, dei tecnici e dei licei e, nel caso dei licei, tra I biennio dei diversi indirizzi. Ciò, unitamente alla flessibilità d’istituto, faciliterebbe il riorientamento  degli alunni ed il passaggio da un indirizzo all’altro, contribuendo alla riduzione della dispersione scolastica.

– Istituire laboratori ed aule attrezzate e assegnare il necessario personale tecnico a tutte le scuole consentendo così l’espressione piena del potenziale formativo del metodo sperimentale e dell’apprendimento per indagine proprio di tutte le Scienze Sperimentali.

– Rendere possibile la realizzazione di un  curricolo verticale di Scienze Sperimentali sia superando, nel I biennio dei licei, dei tecnici e dei professionali, l’attuale frammentazione tra gli insegnamenti di Fisica, di Chimica e di Biologia e Scienze della Terra (Allegato: tab.5, monte ore di Scienze integrate nel I biennio dei tecnici), sia introducendo un’unica abilitazione all’insegnamento di Scienze Sperimentali Integrate per il I biennio delle secondarie di II grado, sia rivedendo le Indicazioni nazionali dei licei e le Linee guida dei tecnici e dei professionali.

– Prevedere, nel II biennio ed anno finale dell’istruzione tecnica, l’attivazione di un indirizzo di Biologia applicata rispondendo in tal modo allo straordinario sviluppo delle Scienze biologiche e delle loro applicazioni tecnologiche e recuperando il meglio delle esperienze di sperimentazione recentemente soppresse.

– Fornire un efficace aggiornamento in servizio dei docenti che si avvalga delle diffuse professionalità presenti nel mondo della scuola oltreché dell’Università e del mondo dell’impresa, del lavoro e delle realtà sociali e che garantisca la costruzione di una professionalità adeguata al nuovo millennio.

– Riconoscere economicamente e professionalmente l’attività di progettazione e la realizzazione di percorsi integrati interdisciplinari, costruiti con un approccio partecipato nonché una ricerca didattica che coinvolga la società civile.

Una proposta d’iniziativa popolare sulla scuola presentata in Senato il 2 agosto e alla Camera il 15 settembre 2014

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Ott 092014
 

La LIP  (Legge di Iniziativa Popolare) è la proposta  elaborata con il contributo diretto di tutte le componenti della scuola e sottoscritta da migliaia di cittadini.  E’ stata presentata  il 2 agosto 2014 in Senato (ddl 1593 ddl 1583 –  http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00801606.pdf -) dai senatori: Mussini (gruppo Misto), Petraglia (Gruppo Misto Sel), Montevecchi (M5S), Tocci (PD), Luzzi (PdL), Centinaio (Lega), Bignami (gruppo Misto), Bencini (gruppo Misto), Gambaro (gruppo Misto), Romani Maurizio (gruppo Misto), Serra (M5S), Ricchiuti (PD), Lo Giudice (PD), Pepe (gruppo Misto), De Petris (Gruppo Misto Sel).

Il 15 settembre 2014 è stata presentata anche alla Camera (Atto 2630) dai deputati Paglia, Scotto, Giordano, Fratoianni, Costantino, Duranti, Pellegrino (Sel).

Di seguito un confronto, predisposto dai presentatori della LIP,  con “la buona scuola” del governo. Lo propongo come ulteriore elemento di discussione

Confronto sintetico per punti

tra la LIP e il progetto Renzi

                       Legge di Iniziativa Popolare (LIP)  ddl 1583

E’ una proposta di legge già presentata in Parlamento, si chiama: “Norme generali sul sistema educativo d’istruzione statale nella scuola di base e nella scuola superiore. Definizione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di nidi d’infanzia“. È stata depositata alla Camera, per la prima volta, nel 2006. E’ stata ripresentata in questi ultimi due mesi sia alla Camera che al Senato, sottoscritta da parlamentari di diverse forze politiche; volendo, potrebbe essere discussa da subito.

  La scuola secondo Renzi

 

 

E’ un “rapporto” che indica alcune proposte, si chiama: “La buona Scuola”. È stato presentato in una conferenza stampa nel settembre 2014.

In essa si fa preciso riferimento ai dettati costituzionali. In essa non ci sono riferimenti ai dettati costituzionali.
Si occupa delle finalità dell’apprendimento. Si concentra sui docenti e la loro carriera.
Si definisce la pratica scolastica come un’alternanza di lezioni frontali, attività laboratoriali, momenti ludico-educativi, lavoro individuale e cooperativo, organizzazione di scambi culturali tra istituti e con scuole di altri Paesi, interventi educativi aperti al territorio. Si punta soprattutto sulle tecnologie per la comunicazione
E’ favorevole all’apertura delle scuole oltre l’orario curricolare. E’ favorevole all’apertura delle scuole oltre l’orario curricolare.
Prevede l’assunzione di tutti i docenti necessari per coprire i posti vacanti e la creazione di organico aggiuntivo per la lotta alla dispersione e all’abbandono scolastico, per il sostegno all’integrazione degli alunni con disabilità, per l’alfabetizzazione degli alunni migranti. Prevede di assumere 148.100 precari nel settembre 2015 (ciò era già indicato dalla legge europea) sostanzialmente per far fronte alle supplenze.
La legge disciplina l’offerta scolastica statale ai sensi degli art. 33 e 34 Costituzione. Vengono messe sullo stesso piano le “Scuole pubbliche statali e paritarie.” Omettendo che queste ultime sono per la grande maggioranza a gestione privata e prevedendo la detassazione delle spese per le rette.
Le scuole sono Istituzioni finanziate dalla fiscalità generale. Le scuole devono reperire fondi sul mercato vendendo prodotti o servizi attraverso la costituzione di fondazioni in collaborazione con imprese e privati.
Investire il 6% costante del PIL da destinare all’istruzione pubblica (come da media degli altri Paesi OCSE); richiamando l’articolo 33 della Costituzione, prevede risorse pubbliche per le sole scuole statali ed il funzionamento delle scuole private senza oneri a carico dello Stato. Affermando che “Le risorse pubbli­che non saranno mai sufficienti a colmare le esigenze di investimenti nella nostra scuola.” certifica il venir meno dell’obbligo costituzionale e tende a scaricare sui genitori parte dei costi.

Prevede lo stanziamento di 2,7 miliardi di euro in tre anni e un reintegro solo parziale del fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa da differenziare tra le scuole a seconda della loro valutazione; interventi dei privati tramite un  pacchetto di vantaggi fiscali (“School Bonus”, “School guarantee”) e crowdfunding e “Social Impact Bonds”.

Effettivo obbligo scolastico dai 5 (terzo anno della scuola dell’infanzia) fino ai 18 anni di età Rimane l’obbligo d’istruzione dai 6 fino ai 16 anni di età.
Indica forme di sostegno per il processo di integrazione scolastica degli alunni con disabilità ma anche per combattere il disagio in tutte le sue forme e per l’ alfabetizzazione e l’integrazione degli alunni migranti. Parla solamente di sostegno agli alunni con disabilità.
Indica in 22 studenti il numero massimo consentito (19 in presenza di un alunno  certificato). Non parla di abbassare il numero massimo di alunni per classe rispetto agli attuali valori (a seconda degli ordini da 26 fino a 33).
Unicità della funzione docente, senza gerarchie di ruolo; la carriera è materia contrattuale che non può essere stravolta. Le nuove assunzioni vengono condizionate alla nuova carriera: si parla di abolizione di tutti gli scatti di anzianità e del riconoscimento economico solo a due terzi dei docenti meritevoli dal 2019.
Prevede l’autovalutazione d’istituto, ma unicamente come processo di miglioramento per rispondere ai bisogni degli studenti, slegato dalla competizione tra scuole. Prevede l’autovalutazione d’istituto legata alla competizione tra scuole che è funzionale alla concessione di maggiori finanziamenti a chi ottiene risultati migliori.
Propone che siano rivisti, in modo condiviso, per rispondere alle esigenze di una società che muta molto rapidamente. Non prevede la loro ridefinizione.
Favorevole alla più ampia informazione sulle attività della Scuola. Favorevole alla più ampia informazione sulle attività della Scuola; propone un Registro Nazionale dei Docenti che offra indicazioni sulla professionalità del personale e permetta al Dirigente di scegliersi e chiamare i docenti “più bravi”.
Necessità di un piano straordinario per l’Edilizia Scolastica. Necessità di un piano straordinario per l’Edilizia Scolastica.
I nidi devono essere intesi come un servizio rivolto alla collettività e non come servizi pubblici a domanda individuale. Non vengono nominati.
Si indica che il terzo anno della scuola dell’infanzia rientra nell’obbligo scolastico e costituisce il livello di istruzione cui hanno diritto tutte i bambini e le bambine di età compresa tra i tre e i sei anni. L’unica citazione presente fa riferimento a “percorsi di inglese fin dalla scuola dell’infanzia”.
Propone il  ripristino dell’offerta di due modalità organizzative, quella modulare di 30 ore e il tempo pieno di 40 ore, con le compresenze fra docenti, secondo le scelte espresse dalle famiglie. Si parla dell’introduzione di specialisti per  l’inglese, l’educazione motoria e la musica ma non si specifica se  le ore lasciate dai maestri agli specialisti diventeranno ore di compresenza oppure ore di supplenza, se non addirittura riduzione di organico.
Deve offrire due modelli didattici, uno a 30 ore e uno a 36 ore, fatte salve le sperimentazioni a quaranta ore. Si conferma il valore delle compresenze e delle sperimentazioni che permettano, in prospettiva, l’unificazione tra scuola elementare e scuola media. Viene definita “anello debole” del sistema ma si propone solamente l’ampliamento della lingua inglese.
E’ articolata in un biennio unitario ed in un triennio di indirizzo.

Il biennio unitario ha una forte impostazione laboratoriale ed ha un curricolo di base di trenta ore, uguale in tutti gli istituti superiori, a cui si aggiungono sei ore di orientamento. Le attività svolte nelle sei ore di orientamento offrono agli allievi/e un primo approccio alle discipline che caratterizzano gli indirizzi presenti nell’istituto prescelto.

Il triennio delle superiori prevede cinque macroaree: umanistica, scientifica, tecnico-professionale, artistica, musicale.

Prevede il rafforzamento del binomio “scuola – lavoro” come se la scuola fosse funzionale solo alla creazione di lavoratori e non alla formazione di cittadini; prevede un forte intervento, fiscalmente incentivato, delle imprese e fondazioni private del Paese che diventano protagoniste della progettazione della “filiera istruzione – orientamento -lavoro”.
Propone la valorizzazione degli organi collegiali esistenti con il Collegio dei Docenti presieduto da un docente eletto dal collegio stesso e l’istituzione di nuovi organi: il consiglio dei genitori, il collegio del personale A.T.A e, nelle scuole medie, il consiglio degli studenti e delle studentesse. E’ piuttosto vaga la composizione dei consigli e le loro attribuzioni; non viene mai nominato il consiglio di classe. Le uniche cose chiare sono che il Collegio dei Docenti perderà parte della sua centralità e che il Consiglio di Istituto avrà la funzione di un vero e proprio Consiglio di Amministrazione.
Propone l’abrogazione delle riforme Moratti e Gelmini e del Servizio Nazionale di Valutazione basato sull’Invalsi, introdotto dal ministro Profumo e reso attuativo dal ministro Giannini. Non fa riferimento a nessuna abrogazione.

 

Usa un linguaggio semplice, educativo ed attento al genere nella convinzione che i concetti passino anche attraverso la scelta delle parole. E’ di tipo aziendalista, infarcito di inglesismi e sigle a volte neppure spiegati (cosa abbastanza singolare per chi vuole rivolgersi “a tutti”, nonni compresi).

Dopo “la buona scuola” del governo arriva “#patto con la scuola” di Forza Italia

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Ott 082014
 

La responsabile scuola di Forza Italia, Elena Centemero, ha diffuso un documento che rappresenta la risposta di quel partito al piano del governo sulla scuola.

L’on. Centemero ha chiesto alle varie associazioni rappresentative del mondo della scuola, e quindi anche all’ANISN, di pronunciarsi sulla proposta e discuterne in un prossimo incontro a Roma.

Il documento è consultabile su

www.elenacentemero.it/wp-content/uploads/2014/09/Patto-con-la-scuola.pdf

Invito i colleghi frequentatori della rubrica @nisninforma a scrivere le proprie osservazioni e, se lo desiderano, a richiederne la pubblicazione scrivendo a

attiliopasqualini@gmail.com

 

 

 

Un link utile per approfondire il piano del governo per “la buona scuola”

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Ott 062014
 

Questo documento della FLC-CGIL può essere un utile strumento critico di approfondimento  del piano del governo sulla scuola:

www.flcgil.it/scuola/piano-del-governo-sulla-buona-scuola-ed-il-cantiere-scuola-della-flc-cgil-proposte-a-confronto.flc

Per spunti, osservazioni e valutazioni relative alla “buona scuola” che si desidera pubblicare su questa rubrica, scrivere ad attiliopasqualini@gmail.com

 

 

“La buona scuola” del governo come intende “ripensare ciò che si impara” ?

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Ott 062014
 

Il piano del governo (www.labuonascuola.it)  affronta, al capitolo 4, il delicato tema delle discipline che si insegnano nella scuola italiana. Il titolo del capitolo è impegnativo “ripensare ciò che si impara a scuola” e induce a ritenere che si proponga una revisione dei curricoli, tanto più  dopo quel “riordino” di Gelmini-Tremonti che si è risolto, per fare cassa, nella riduzione dell’offerta formativa ed in una sostanziale conservazione del vecchio e rigido impianto della scuola italiana.

Ebbene, niente revisione, neppure parziale, dei curricoli. Anzi, nel piano del governo si afferma che “il sistema corrente è in corso di digestione da parte delle scuole” e più oltre  “il sistema d’istruzione italiano non va assolutamente stravolto; al contrario si tratta di creare le condizioni per un’attuazione piena di quell’autonomia ordinamentale già prevista dal sistema”.

La scelta del governo è  dunque chiara: non un nuovo riordino, non una revisione dei curricoli e dei monte ore ma interventi specifici, su taluni insegnamenti, utilizzando gli strumenti dell’autonomia presenti nell’ordinamento scolastico.

Indubbiamente l’autonomia costituisce una risorsa potenziale per la scuola italiana, ma l’esperienza di questi anni ci dimostra che  deve essere alimentata da risorse adeguate, pena la sua sostanziale inapplicabilità. Appare quindi condivisibile, anche se al momento non supportato dall’indicazione di risorse chiare,  l’appello del piano governativo all’autonomia delle scuole le quali potranno partire “da un cuore di discipline di base snello e comune a tutti” per poi poter “modulare la propria offerta attraverso la scelta di diverse discipline opzionali, anche sfruttando la quota di flessibilità del curricolo già previste dalla normativa”. Ma sarà  possibile il superamento dell’attuale rigidità dei curricoli e l’introduzione non episodica di opzionalità senza un vero ripensamento complessivo del nostro sistema ?

Quali sono gli interventi specifici indicati nel piano del governo? In estrema sintesi essi prevedono l’introduzione: 1) di due ore/settimana di educazione musicale, con docenti abilitati, nelle IV e V classi di scuola primaria; 2) di due ore/settimana di storia dell’arte e disegno nel I biennio (non è precisato se per entrambi gli anni) dei licei e degli istituti per il turismo; 3) di un’ora/settimana di educazione motoria, con docenti abilitati, dalla II alla V classe di scuola primaria; 4) dell’estensione del CLIL anche alla scuola media rafforzando il piano di formazione dei docenti delle varie discipline; 5) dela “programmazione informatica” (coding) “nel maggior numero di scuole possibile” attraverso il lancio dell’iniziativa “code.org” (che aggrega associazioni, università e imprese) e del programma “digital makers” (sostenuto da MIUR e accordi dedicati) il quale dovrebbe “rafforzare” le ore di tecnologia nella media e di informatica nei licei scientifici, negli istituti tecnici e in quelli professionali; 6) di una non precisata modifica ordinamentale per valorizzare le discipline economiche nei licei, in particolare scientifico e classico, e “tendere” a rendere accessibile l’economia agli studenti di tutte le scuole di 2° grado.

Si tratta quindi di interventi  limitati rispetto alle necessità;  e se è vero che essi affrontano alcuni temi rilevanti (anche mediaticamente) quali il potenziamento delle competenze d’inglese e di informatica o dell’attività motoria nella primaria, non sono però  in grado di rispondere all’esigenza di rinnovare e migliorare la qualità complessiva dell’offerta formativa superando, per fare solo qualche esempio, il dualismo licei-istituti tecnici e professionali o l’assenza di unitarietà nel I biennio liceale o la definizione delle discipline obbligatorie, facoltative e non,  già dalla media o l’introduzione di una effettiva scelta di opzioni nel II biennio ed anno finale della scuola superiore. Il “ripensamento” del governo su ciò che si impara a scuola incide (forse) sul monte ore attuale solo quando prevede l’introduzione dell’economia nei licei scientifico e classico e l’estensione al primo biennio dei licei e degli istituti per il turismo  dell’insegnamento di storia dell’arte e disegno. A questo proposito potremmo chiederci perché, ad esempio, non è stato preso in considerazione il ritardo della scuola italiana e di conseguenza della nostra società, quanto a  cultura scientifica e potremmo anche chiederci  se il metodo proposto, quello dell’inserimento di qualche ora di una certa materia in qualche indirizzo scolatico, metodo già sperimentato di recente con la geografia,  serva  a  potenziare le competenze degli alunni piuttosto che a soddisfare spinte di corporazioni culturali.

Inoltre le modalità attraverso le quali il governo intende operare per gli interventi precedentemente indicati suscitano qualche perplessità.  Si attingerà alle GAE sia per storia dell’arte e disegno nella secondaria che per musica ed educazione motoria nella primaria, ma in questo secondo caso i docenti (ne sono previsti  10100) proverranno dalle GAE della scuola secondaria. Quanto all’interessante impegno all’estensione delle CLIL  va rilevato che  il piano si limita, per ora, ad un auspicio mentre l’esperienza in corso sulle CLIL negli anni finali della scuola superiore evidenzia la necessità di un piano d’intervento ampio e adeguatamente finanziato. Circa il potenziamento delle competenze informatiche si annunciano iniziative che aggregheranno associazioni, università,  imprese, editoria digitale ed anche la società civile; per il momento non si va oltre l’auspicio. Quanto infine alla valorizzazione delle discipline economiche, “la buona scuola” afferma di voler  procedere ad una modifica ordinamentale che interessi anche il liceo scientifico e  quello classico. Per i docenti di economia si attingerà sia alle GAE che all’organico funzionale, anche però di classi di concorso affini; e allora se è vero che l’effettiva costituzione di organici funzionali di istituto  sarebbe una preziosa risorsa  è auspicabile che essa non venga utilizzata in questo modo, come  semplice “tappabuchi” , ma serva a migliorare l’offerta formativa delle scuole.

 

Attilio Pasqualini

Invito i frequentatori di questa rubrica e del sito ad esprimere le proprie considerazioni sul piano scuola del governo e su questo articolo scrivendo all’indirizzo di posta:  attiliopasqualini@gmail.com

Il libro di Mario G. Dutto “Acqua alle funi. Per una ripartenza della scuola italiana” presentato ieri alla Camera dei Deputati.

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Set 172014
 

Il 16 settembre a Roma, nella sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, presenti politici e rappresentanti del mondo della scuola, è stato presentato il libro “Acqua alle funi” di Mario Giacomo Dutto. L’autore è un profondo conoscitore della scuola italiana  non solo perché ha ricoperto ruoli di grande responsabilità nel MIUR (è stato Direttore Generale) ma anche in quanto rigoroso studioso della realtà scolastica.

Il libro, già in libreria da alcuni mesi (Editore Vita e Pensiero, 260 pp, 19 €) analizza con ricchezza di dati e di riferimenti bibliografici la complessa realtà scolastica italiana e ne individua  i tanti, enormi problemi; ma lo spirito critico non impedisce all’autore di invitare a non cedere alla rassegnazione ed a puntare su una ripartenza della scuola guardando ai modelli scolastici di altri paesi, alle eccellenze nascoste,  alla pratica del lavoro quotidiano nelle classi e di proporre una visione della scuola che mette al centro gli studenti e gli insegnanti.

Il libro è stato presentato da Milena Santerini (deputata della VII Commissione Istruzione della Camera); sono intervenuti, oltre all’autore, l’ex ministro Tullio De Mauro ed i professori Eraldo Affinati (docente e scrittore),  Italo Fiorin (Università LUMSA di Roma), Andrea Gavosto (Direttore della fondazione Agnelli) e Mario Rusconi (vicepresidente dell’ANP). Tutti hanno tratto spunto dal lavoro di Dutto per mettere in risalto attese e perplessità sul piano del governo per “La buona scuola”.

 

Attilio Pasqualini

La formazione iniziale secondo “la buona scuola” del governo

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Set 062014
 

Il piano scuola presentato da Renzi il 3 settembre scorso comprende, tra l’altro, i criteri generali per la formazione iniziale dei docenti. E’ un aspetto che non poteva mancare in un progetto che ha l’ambizione di ridefinire e rilanciare la professionalità docente.

Il tema è sviluppato al punto 1.8 del piano ed è intitolato “per chi da grande vorrà fare l’insegnante”. Viene  dichiarata  la necessità di una procedura unica per il conseguimento dell’abilitazione, basata sulla combinazione di due momenti. Il primo dovrà riguardare la formazione universitaria mentre il secondo consisterà in un tirocinio di sei mesi a scuola.

Nella prima fase, quella della formazione universitaria, si prevede che l’aspirante docente si iscriva, nel proprio ramo di specializzazione, ad  un biennio specialistico improntato alla didattica, a numero chiuso, durante il quale seguirà corsi di didattica e di pedagogia e, in generale di materie mirate alla formazione e crescita dei ragazzi.  Si prevede inoltre che specifici bienni specialistici funzionino anche per materie affini,  per evitare di istituirne uno diverso per ogni diverso tipo di laurea oggi esistente.

Sembra quindi  che nelle intenzioni del governo ci sia un’Università i cui ordinamenti dovranno prevedere  percorsi finalizzati non solo a formare ipotetici  ricercatori universitari , come è adesso, ma  anche a preparare buoni insegnanti di scuola secondaria.  Chi intende dedicarsi all’insegnamento dovrà infatti, necessariamente, iscriversi ad un biennio specialistico che comprenda  didattica delle discipline e materie psico-socio-pedagigiche.   Ne risulterà un’inevitabile  attenuazione del disciplinarismo che caratterizza la formazione degli insegnanti di oggi e del passato ma al contempo  la costruzione, è auspicabile, del “sapere insegnare”.

Nella seconda fase il piano del governo prevede che l’aspirante docente, definito “quasi-abilitato” in virtù della sua laurea specialistica, realizzi un tirocinio di sei mesi a scuola  durante il quale assisterà l’insegnante “mentor” e contribuirà a svolgere alcune attività nella scuola. Al termine del tirocinio l’aspirante insegnante otterrà l’abilitazione solo se riceverà la valutazione positiva della scuola, altrimenti dovrà ripetere il tirocinio in una seconda scuola. Nel caso poi di una seconda bocciatura, dovrà abbandonare l’aspirazione all’insegnamento.

Grazie quindi all’introduzione di discipline didattiche e pedagogiche nel biennio specialistico il tirocinio viene dimezzato, dagli attuali 12 a sei mesi. Questo fatto, unitamente al numero chiuso per l’accesso al biennio specialistico, dovrebbe determinare un forte ringiovanimento dei docenti italiani.

Attilio Pasqualini

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