ANISN - scienze a scuola
Associazione Nazionale Insegnanti
di Scienze Naturali
In ricordo di Enrico Bellone
inserito il: 30 aprile 2011
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Il 16 aprile scorso si è spento nella sua città natale, Tortona, Enrico Bellone.

"...uno storico e filosofo della scienza di valore, un serio e impegnato divulgatore, un intellettuale militante come ce ne sono pochi oggi nel nostro Paese che pure ne avrebbe soverchio bisogno.....
Mentre il malessere del nostro Paese aumenta, mentre cresce il disprezzo di larga parte della classe politica per la cultura, e segnatamente per la cultura scientifica, mentre presunte epocali riforme della scuola, dell’università e degli enti pubblici di ricerca cominciano a palesare i loro nefasti esiti, mentre la libertà di insegnamento e di ricerca viene ipotecata, il drappello di coloro che perseguono un’inversione di tendenza perde con Bellone un autorevole punto di riferimento. A noi e alle giovani generazioni l’onere di farsi carico di una rinascita italiana alla quale per tutta la vita Enrico Bellone si era dedicato.
Giulio Peruzzi

E' così che iniziano e terminano le riflessioni di Giulio Peruzzi, storico della Scienza dell'Università di Padova, riportate sull'interessantissimo sito scienzainrete.it dell'Associazione Gruppo 2003 per la ricerca scientifica, che vi invito a leggere.
L'editoriale di Marco Cattaneo, che si potrà leggere sul numero di Maggio di Le Scienze, non ho resistito a non riportarlo per intero di seguito.
Commovente e tanto vero per quel poco che ho avuto modo di conoscere Enrico Bellone e di intuire dalla estrema umiltà del suo modo di porsi e dalla straordinaria acutezza delle sue parole, sempre poche...


Anna Pascucci


Ciao Enrico

È il saluto che ho scritto per Enrico Bellone nell’editoriale di maggio. Non racconta l’uomo di scienza, e forse non racconta molto in assoluto. Ma volevo parlarvi per immagini di un uomo con cui ho condiviso quindici anni di questa avventura. Insieme a voi.

Da giorni mi perseguitano, affastellandosi, i fotogrammi di quindici anni. Dell’allegria e delle amarezze, dei successi, della passione. Anche delle discussioni. Mai accese, queste. Sempre in punta di fioretto. Da cui regolarmente uscivamo ciascuno più saldo nelle sue ragioni, eppure più ricco. A volte, se posso osare, felice.
Enrico Bellone era un uomo umile e caparbio, la cui riservatezza sconfinava volentieri in una ritrosia discreta. Poi, all’improvviso, la sua voce profonda rompeva il silenzio e irrompeva nella conversazione catturando l’attenzione. Erano storie che arrivavano da lontano, da una cultura vasta ma mai erudita, da una riflessione intensa ma mai dottrinale. Così quell’uomo minuto conquistava la scena, qualunque scena, per allontanarsene in punta di piedi, lasciandoti lì ad ascoltare l’eco dei suoi pensieri.
Enrico se ne è andato nella notte tra il 15 e il 16 aprile. Della sua statura di storico e filosofo della scienza hanno parlato in molti, in questi giorni. Qualcuno ha ricordato la sua ostinata dedizione alla causa della cultura scientifica, che i lettori di queste pagine conoscono bene. Altri ne hanno sottolineato la lucidità di pensatore.
Così a me resta il piacere di riassaporare il suo fascino privato, quello che nel suo incessante peregrinare tra l’università e la redazione, tra convegni e festival, lo riportava al più presto nella sua Tortona, tra gli amici di sempre. Mi piace ricordare l’Enrico che vantava (si fa per dire) il tempo in cui aveva praticato da ala destra, sognando il grande Torino. Quello che rientrando dall’università, dopo la sua lezione, chiedeva gentile se potessimo portargli un panino. «Come?». «Mah… – rispondeva dopo una breve pausa – facciamo con il prosciutto». Sempre uguale, sempre lo stesso. E ancora quello che non vedeva l’ora che arrivasse l’estate per trasferirsi nella casetta di campagna, a godersi i suoi libri e i suoi affetti.
Sarà per questo che le due singole righe che più amo di tutti i suoi saggi – nella Premessa di Galilei e l’abisso – non hanno nulla a che vedere con la scienza, forse: «E poi viene il tempo in cui il lato in ombra del giardino è un posto buono per lavorare». È lì che l’ho sempre immaginato, prima che faccia sera. E quando gli ho detto che aveva regalato al suo Galileo uno splendido incipit letterario ha minimizzato, come al solito. Eppure sapeva che quello era il mio, privatissimo Enrico Bellone.
Da giorni – dicevo – mi perseguitano, affastellandosi, i fotogrammi di quindici anni. Lui mi direbbe, con un sorriso indulgente, che è il modo in cui il mio cervello «fabbrica, demolisce, ristruttura» la realtà, per usare le parole del suo libro appena uscito, Qualcosa, là fuori. Nelle righe finali c’è la sua ultima appassionata arringa in nome della «libera ricerca di base». La porteremo con noi, con il ricordo di un uomo semplice e straordinario.Marco Cattaneo


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