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La formazione dei "mattoni"


 


 

 

Agli inizi degli anni Cinquanta, il chimico americano Harold Clayton Urey, futuro premio Nobel per la scoperta del deuterio, verificò che, in presenza Esperimento di Stanley L. Millerdi eccesso di idrogeno, il carbonio, l’azoto e l’ossigeno formano acqua, metano ed ammoniaca e ipotizzò che l’atmosfera in cui si erano formate le prime forme di vita fosse di tipo riducente. Urey si basava sui lavori, prevalentemente speculativi, di Oparin e Haldane. Forte di queste ipotesi, uno studente di Urey, Stanley L. Miller realizzò un apparato sperimentale inteso a ricreare il “brodo primordiale” in cui avrebbe potuto formarsi la vita; Miller pose in un pallone un miscuglio di metano, idrogeno, ammoniaca e vapor acqueo; l'apporto energetico era assicurato da una scarica elettrica continua che simulava l'energia prodotta nell'atmosfera primitiva dai fulmini, dalle frequenti attività vulcaniche, dal bombardamento di meteoriti a cui era sottoposto il nostro pianeta nelle prime fasi della sua formazione. L'acqua, un oceano primitivo in miniatura, era mantenuta in ebollizione, in modo che continuamente si trasformasse in gas, che, venendo a contatto con le altre sostanze, poteva reagire con esse e poi ricondensare, grazie alla presenza di un apparato refrigerante. Il materiale formatosi poteva essere estratto ed analizzato. Dopo alcuni giorni di trattamento, la soluzione fu sottoposta ad analisi e i risultati furono esaltanti: nel liquido erano presenti aminoacidi.

L'astrofisico Carl Sagan, partendo dall'idea che l'atmosfera primitiva, non possedendo ancora lo strato di ozono (O3) fosse molto ricca di raggi Protenoidi ottenuti da Foxultravioletti, ripeté l'esperimento di Miller utilizzando come fonte di energia gli UV e inserendo fra i gas anche il solfuro di idrogeno; anche in questo caso si ottennero aminoacidi e come prodotti intermedi acido cianidrico (HCN) e formaldeide (HCHO) che sono considerati i reagenti chiave delle reazioni che hanno portato alla formazione di molecole complesse. Successivi esperimenti dimostrarono che era possibile ottenere anche le basi azotate adenina e guanina. Riproducendo le condizioni ambientali del "brodo primordiale" non è possibile ottenere catene di acidi grassi sufficientemente lunghe, che sono i costituenti base delle membrane cellulari; inoltre, tutte le reazione di condensazione sono sfavorite in ambiente acquoso.

Nel 1958, il biochimico statunitense Sidney Fox ottenne degli aggregati macromolecolari, scaldando per 3 ore un miscuglio di aminoacidi disidratati; questa aggregazione simile a della plastica, che Fox chiamò proteinoide, quando veniva macinata e posta in acqua, originava spontaneamente  delle microsfere, che lo scienziato identificò con cellule primordiali in quanto assumevano forme regolari, le loro dimensioni erano stabili (il loro diametro variava fra 1 e 2 µm), possedevano una debole attività catalitica e mostravano anche un comportamento semipermeabile, proprio come le vere membrane plasmatiche. Il nome proteinoide era calzante, in quanto il legame fra aminoacidi non era di tipo peptidico, ma gli aminoacidi si univano fra loro soprattutto grazie a legami fra i gruppi R.


Carl Sagan (1934-1996) ha lavorato presso Smithsonian Astrophysical Observatory (1962–68) ed ha partecipato al progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence), divenendo nel 1968 direttore del Laboratorio di Studi Planetari alla Cornell University

 

 

 

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