IL PAESAGGIO MONTANO:

dalla gariga alla macchia, fino al castagneto.

La ricchezza della flora mediterranea dipende in gran parte dalla grande varietà di zone climatiche e di habitat che si possono riscontrare su quest’isola, ma non poca importanza riveste anche, a questo proposito, la recente storia geologica dell’intero bacino mediterraneo. Infatti, nella zona mediterranea sopravvivono molte specie di antichissima origine passate indenni attraverso le glaciazioni, come per esempio il carrubo, il mirto, l’olivo, il lentisco.

I fattori principali che influenzano la vegetazione e la flora dell’Arcipelago toscano sono il clima mediterraneo (caratterizzato da un’elevata aridità estiva a cui si associano l’alta insolazione ed i frequenti venti marini), l’insularità, le antiche interconnessioni con la penisola italiana e con il sistema sardo-corso, nonchè i secolari fenomeni di antropizzazione.

Il fuoco rappresenta un altro elemento ricorrente nell’economia e negli equilibri degli ecosistemi mediterranei, divenendo spesso il principale attore della diversità del paesaggio vegetale. Alcune specie hanno adeguato le proprie caratteristiche fisiologiche e morfologiche, adottando strategie di sopravvivenza collegate alla presenza di questo fattore ambientale. Si formano cenosi (complesso delle specie vegetali o animali viventi in un determinato ambiente) in equilibrio con l’ambiente, a condizione che il passaggio del fuoco non sia troppo frequente: da qui la definizione di "piroclimax", usata per definire lo stadio evolutivo di queste forme di copertura vegetale.

Nei paesaggi vegetali dell’isola si riscontrano analogie con quelli delle aree costiere rocciose dal momento che sono in parte simili i fattori antropici e naturali che hanno influito sulla formazione dei quadri ambientali.

Le piante selvatiche che si stabilizzano su un territorio tendono, lentamente a costituire una comunità vegetale composta da specie strettamente interagenti, e solo in un secondo tempo interdipendenti; gradatamente il terreno si arricchisce e ispessisce mentre nel frattempo gli animali giocano un ruolo importante nella vita della comunità.

Stadio per stadio, col passare degli anni, si avrà una serie successiva di comunità in evoluzione che giungeranno poi ad una associazione vegetale relativamente stabile, indicata con il termine climax. Il climax vegetale, che può svilupparsi naturalmente in clima mediterraneo, è una foresta costituita da alberi a foglie coriacee i cui elementi dominanti sono molto spesso le querce sempreverdi e i pini.

All’ombra di queste piante d’alto fusto vivono strati secondari di vegetazione; in genere si può riscontrare uno strato costituito da arbusti o da piccole piante sempreverdi ed uno, ancora più basso, formato da erbe perenni. Questo climax, qualora il suo equilibrio non sia turbato dall’azione dell’uomo, può mantenersi relativamente stabile per secoli, ma ciò che resta attualmente della vegetazione primordiale è costituito da piccole isole sparse in luoghi remoti e inaccessibili.

Variazioni locali di clima, di suolo, d’esposizione o di altitudine possono impedire l’insorgere del climax; in tal caso si svilupperà un tipo diverso di comunità stabile, generalmente a livello minore, come ad esempio la macchia.

Sebbene questi tipi di associazione vegetale possano restare invariati nel tempo per lunghi periodi, una volta che gli alberi siano stati tagliati si potrà assistere a un processo di degenerazione estremamente rapido; quando poi il disboscamento sia stato notevole e la sua zona sia stata sfruttata come pascolo, potrà attuarsi nel giro di pochi anni la degradazione completa della foresta in una sorta di steppa con rari arbusti a foglie grigie, e piante erbacee sparse qua e là sui fianchi ormai sterili della collina.

Gli stadi di degradazione della foresta sono i seguenti:

Foresta sempreverde - macchia  - gariga  - steppa.

Il processo di rigenerazione della foresta può avvenire in senso inverso, ma per questo è necessario che l’uomo e gli animali domestici sospendano la loro azione; tale ritorno alle condizioni originarie può richiedere, però, anche molti decenni e in alcuni casi non è nemmeno più possibile.

La flora dell'isola d'Elba e` il frutto di un lento processo di colonizzazione facilitato da correnti e venti e influenzato dalla distanza dal continente.

L'Elba ospita circa 100 diverse specie vegetali e presenta una flora molto simile a quella continentale. Dato il clima mediterraneo  la vegetazione e` per lo più termofila. La maggioranza delle piante ha sviluppo vegetativo in autunno-inverno e fioritura inverno-primaverile.

Da un punto di vista morfologico si possono individuare quattro tipologie di aree vegetative:

la gariga

la macchia mediterranea

la lecceta

il castagneto

 

GARIGA

La gariga è una particolare associazione erbaceo-arbustiva di ambiente mediterraneo, la cui altezza è in genere contenuta entro i 50 cm e che presenta una forte discontinuità di copertura per la presenza di rocce affioranti o di terreno nudo.

La gariga costituisce una delle principali associazioni mediterranee. Grandi aree, tra le più aride e secche del bacino del Mediterraneo, sono rivestite da questo tipo di associazione, che può essere facilmente riconosciuta per i suoi arbusti radi e di modesta statura (raramente alti più di mezzo metro) dispersi qua e là sui fianchi delle colline e inframezzati da spuntoni di roccia nuda, sabbia e terreno sassoso. Molti di questi cespugli sono spinosi, aromatici e presentano piccole foglie di consistenza coriacea spesso tomentose o rivestite d’una sorta di lanuggine grigia. Le specie viventi in questi tipi di comunità sono molto numerose, comprendendo non solo forme perenni, legnose od erbacee, ma anche piante annue o bienni in grande quantità. Molte tra le essenze comunemente usate in cucina e note volgarmente come "odori", come per esempio il timo, il rosmarino, la salvia, la santoreggia, l’issopo, l’aglio triquetro e la ruta, provengono dalla gariga, che alberga anche molte piante ornamentali bulbose come tulipani, Crocus, Iris, Muscari, fritillarie, ornitogali, agli ed orchidee selvatiche.

Il dinamismo degli ecosistemi mediterranei e la straordinaria capacità rigenerativa di una vegetazione, adattata alle difficili condizioni ambientali in una regione dalle scarse e mal distribuite precipitazioni e dai lunghi e critici periodi siccitosi, devono tuttavia fare i conti con i fattori "erosivi" come il taglio, il pascolo e l’agricoltura. Infatti, per un lunghissimo tempo gli alberi sono stati abbattuti, le macchie diradate e le capre hanno pascolato; di conseguenza il terreno, non essendo più trattenuto dalla copertura vegetale ha potuto essere asportato e dilavato dagli agenti atmosferici. I fianchi delle colline si sono così trasformati in scarpate rocciose, con pochi arbusti stenti ed erbe a foglie grigie e questa situazione è ormai diventata tanto comune che molte migliaia di mq di terreno costiero si trovano attualmente in tali condizioni. La gariga rappresenta una cenosi in equilibrio con le attuali risorse disponibili sull’isola e testimonia processi di modificazione di cenosi vegetali più evolute.

La gariga è molto sensibile al tipo di terreno sul quale abita e alle condizioni microclimatiche; alcuni tipi, ad esempio, si sviluppano solamente in suoli calcarei. Sono presenti le garighe ad Elicriso (Helychrisum italicum L.) e le garighe a labiate composte da Rosmarino (Rosmarinus officinalis L.), Spigo (Lavandula stoechas L.) e Teucrio (Teucrium marum L.). Nelle garighe ad Elicriso si insediano progressivamente gli arbusti, i Cisti (Cistus salvifolius L., Cistus incanus L., Cistus monpeliensis L.) in breve seguiti dall’Erica (Erica multiflora L.), dalla Ginestra spinosa, dalla Ginestra odorosa e dal Lentisco.

 

 

MACCHIA MEDITERRANEA

La macchia è un tipo molto naturale e caratteristico di vegetazione mediterranea; una ricchezza floristica spesso mutevole perché derivata dalle caratteristiche del substrato, dell’esposizione e del microclima, che fa della macchia la cenosi forestale più ricca di specie in ambito europeo. La macchia si presenta folta, spesso impenetrabile, costituita da arbusti, con un’altezza compresa tra uno e tre metri. Al suo interno le interruzioni possono derivare dalla presenza di rupi costiere o da falesie interne; in questi casi le difficili condizioni stazionali non consentono l’evoluzione della vegetazione oltre un certo grado e la macchia rimane allo stadio primario, in genere con fisionomia a cespuglieto, non per azioni di degrado, ma per l’impossibilità di un’evoluzione ulteriore.

Le origini di questo tipo di vegetazione possono essere assai diverse: il terreno poco profondo, l’affioramento della roccia viva, una pendenza troppo forte, possono impedire la formazione della lecceta. Ma questi fattori naturali per lo più si sommano e addirittura sono prevalenti le conseguenze di un eccessivo sfruttamento delle risorse boschive da parte dell’uomo: la riduzione e trasformazione del manto forestale originario attraverso continui tagli, l’utilizzazione del bosco anche su pendici fortemente inclinate, gli incendi provocati per ottenere pascolo, possono innescare processi irreversibili di degradazione.

VARIANTI:

MACCHIA DI ALTO FUSTO

MACCHIA DI BASSO FUSTO

MACCHIA A CISTI

MACCHIA A GINESTRA

MACCHIA MISTA A LENTISCO, CARRUBO E MIRTO

 

MACCHIA DI ALTO FUSTO

Caratterizzata dalla presenza di un certo numero di alberi,alti fino a 4-5 metri.

In essa domina il Corbezzolo (Arbutus unedo L.), che può trovare favorevole ambiente in suoli silicei, acidi, alquanto umiferi, in versanti meno asciutti, talora a maggiori altitudini. In genere costituisce macchie alte tre - quattro metri. La comparsa abbondante del Corbezzolo indica come nel bosco di sclerofille sia avvenuta una trasformazione importante: il paesaggio dal ceduo di Leccio alla macchia alta; sebbene non esista un confine netto tra i due aspetti della vegetazione, i segni della recessione del bosco sono indicati dall’aumento della ricchezza di specie nella composizione dei soprassuoli.

Si possono anche incontrare l’olmo e le querce (Roverella, Leccio, Farnia), l’albero di Giuda, il ginepro fenicio, l’olivo e il pino d’Aleppo; mentre al di sotto di questi alberi vivono poi molte specie di arbusti, come mirti, eriche e ginestre.

 

MACCHIA DI BASSO FUSTO

Costituita da arbusti alti da 1 metro e mezzo a 2 metri; è priva di essenze arboree. Le specie più comuni sono il Lentisco, il Rosmarino, il Pungitopo e l’Erica arborea, evoluzione in Ericeto del Corbezzolo, per ulteriore inacidimento e impoverimento del suolo. Nelle zone più aperte si trovano molte piante annue e perenni soprattutto bulbose o tuberose.

 

MACCHIA A CISTI

Un altro tipo di macchia presente sui terreni acidofili, la più diffusa tra le comunità a basso fusto, è la Macchia a Cisto. E’ una macchia bassa che può raggiungere altezze fino a due metri, se la specie dominante è il Cisto marino. I Cisteti prediligono suoli silcei e sono in gran parte legati alle zone molto calde e secche.

 

MACCHIA A GINESTRA

Le macchie a eriche o cisti sono diffuse in particolare su suoli acidi, mentre i terreni derivati da rocce calcaree ospitano più spesso macchie a ginestra; in entrambi i casi i processi di degrado del suolo sono avanzati e il ritorno a una vegetazione di tipo forestale si presenta lenta e complessa.

 

MACCHIA MISTA A LENTISCO, CARRUBO E MIRTO

Presenta molte variazioni ed è diffusa sulle basse colline calde e aride e lungo la zona costiera. Tra le specie comuni che la costituiscono sono la Ginestrella spinosa, Pistacia terebinthus, Rhamnus alaternus, quercia spinosa, pungitopo e Crataegus monogyna. Sottoposta ad eccessivo disboscamento o pascolo, questa associazione si riduce a gruppi sparsi di arbusti di lentisco alla cui ombra vivono molte piante erbacee.

 

LECCETA

In condizioni naturali la lecceta si presenta come una densa foresta di alto fusto, composta da specie sempreverdi e dominata dal leccio: una foresta compatta, con un sottobosco molto povero, data la scarsa quantità di luce che riesce ad attraversare la fitta trama delle chiome.

Il leccio è l’albero dominante più comune nelle foreste mediterranee: molto probabilmente, questa pianta cresce in ogni sorta di terreni e sebbene possa formare occasionalmente dense foreste, la si rinviene molto più sovente in gruppi sparsi. Le foreste di leccio si trovano però raramente nel loro stato di climax; questo sarebbe costituito da un folto bosco con alberi alti 12-15 metri e da uno strato sottostante d’arbusti di Corbezzolo, Phillyrea, Rhamnus e Viburnum, con molte piante rampicanti come la Clematis, il caprifoglio rampicante, la Smilax e il Tamaro. Tale vegetazione può formare una boscaglia densa, impenetrabile, praticamente priva di specie erbacee, dove pochissima luce giunge al livello del terreno.

Tale associazione è ormai rara; molto più comunemente i lecci si trovano in gruppi sparsi con la sottostante macchia ben sviluppata.

La quercia da sughero vive solamente sui terreni silicei. Questa pianta preferisce in genere un clima più caldo e marittimo di quanto non avvenga per il leccio, ma in alcuni casi possono essere rinvenute anche fianco a fianco.

 

PINETA

Il pino di Aleppo forma ampie foreste nelle zone più calde dell’isola e abita, di preferenza, i suoli calcarei e i litorali sabbiosi. Questa specie è molto resistente alla siccità e sopporta molto bene anche i periodi estivi più aridi; sulle alture costiere può raggiungere anche 1.000 metri di altitudine. La foresta densa, praticamente priva di sottobosco, è abbastanza rara; più comunemente si rinviene la foresta aperta, con alberi sparsi ed un fitto sottobosco costituito dalle specie arbustive della macchia. Le foreste meno fitte e più degradate presentano spesso anche parecchie forme della gariga e nelle zone dove gli alberi sono più distanziati tra loro si trovano anche molte specie erbacee.

Il pino marittimo costituisce boschi puri solamente sui terreni silicei delle regioni costiere. I boschi sono spesso molto densi, con poco sottobosco o radi con un sottobosco rigoglioso di arbusti sempreverdi alti fino a due metri e più.

Il pino da pinoli ha una distribuzione più vasta e forma foreste quasi pure ma limitate alle zone sabbiose e alle dune costiere. In questo caso il sottobosco è molto ricco specialmente di lentisco.

I boschi di cipresso sono formati generalmente da alberi sparsi, con un sottobosco di arbusti sempreverdi o a foglie caduche e di piante della gariga, specialmente a fogli lanose.

 

CASTAGNETO

I boschi di Castagno (Castanea sativa) occupano le zone circum-mediterranee e, in Italia, quelle alto-collinari e submontane, quali il monte Capanne dell’Isola d’Elba. Il castagneto si trova da noi sotto due forme: Castagno da frutto e Castagno da legna, o selvatico. Proprio quest’ultimo, che interessa la zona insulare da noi presa in esame, si trova a crescere spontaneo, in mescolanza con cerri, roveri, frassini, olmi, aceri, ecc.; come anche in piccoli boschi puri. Lo si lascia crescere ad alto fusto, fino a 100-120 anni, alla quale età offre pregevolissimi tronchi da lavoro e da costruzione. Più comunemente, però, lo si riduce a ceduo (taglio periodico) dato che i suoi pollini fin dai primi anni trovano moltissimi impieghi, come legname da intreccio, pali da vite, da pergolati, ecc., assortimenti tutti ben pagati, che rendono il ceduo di castagno uno dei più rimunerativi.

La capacità di adattamento di questa pianta a terreni acidi, silicei o vulcanici, con predilizione per le esposizioni fresche, ovvero in zone dove una pronunciata piovosità si unisca ad una relativa mitezza del clima, ha portato il castagno ad occupare territori a discapito di altri tipi di piante, quali la Quercia.

La flora abitatrice delle selve di Castagno è scarsamente caratteristica. Il castagneto, subentrando sovente sui suoli degradati del querceto a Roverella, conserva impoverita la flora dei Querceti, accogliendo però nel fresco e umido sottobosco altre specie discese dai boschi più elevati di Faggio o di Conifere. Entrano perciò sovente nel Castagneto sparsi esemplari di Rovere, di Roverella e anche di Cerro. Ma più caratteristici, se così si può dire, sono i cespi di Felce aquilina (Pteridium aquilinum), e nei boschi più folti anche il Felce maschio (Dryopteris filix-mas) e il Felce femmina (Athyrium filix-foemina); zolle erbose di Paglietta odorosa (Anthoxanthum odoratum), di Luzula nivea, di Agrostide capillare (Agrostis capillaris), di Festuca ovina (Cavillata sp.), sovente anche di Molinia (Molinia coerulea), arbusti di Ginestra dei carbonai (Sarothamnus scoparius), di Brugo (Calluna vulgaris). Nei boschi più freschi scendono dai sovrastanti boschi montani il mirtillo (Vaccinium myrtillus) e anche esemplari di Faggio e di Abete rosso.

Causa l’altitudine, la fittezza del bosco, l’esposizione, lo sviluppo degli alberi, il citato sottobosco può subire delle variazioni.