La produzione primaria
dipende dai meccanismi della fotosintesi e dai fattori
limitanti di questa
come le dimensioni, la forma e l’anatomia
della foglia, la resistenza della pianta alla perdita d’acqua, la temperatura,
la luce, ecc.
Se si considera la produzione primaria netta per unità di superficie
si ha la produttività, una misura dell’efficienza di un ecosistema al suo livello fondamentale, dove si formano le risorse per tutti gli organismi.
Gli ecosistemi più produttivi sono le cosiddette zone umide, cioè gli
estuari dei fiumi e le paludi; le foreste tropicali e temperate occupano il
secondo posto; i mari, coprendo i due terzi della superficie terrestre, sono
al primo posto per la produzione tra tutti gli ecosistemi, ma sono all’ultimo
posto per la produttività.
La produzione secondaria è quella dei consumatori. Gli animali erbivori
consumano parte della produzione primaria. Non tutti i carboidrati vegetali
sono però assimilabili da essi; la cellulosa, per esempio, può essere
digerita solo dagli animali, come i ruminanti, che hanno speciali batteri in
simbiosi nei loro apparati intestinali; la lignina è praticamente indigeribile.
Molte piante hanno poi difese meccaniche (spine) o chimiche (tossine) che tengono
lontani gli erbivori.
Gli animali, dunque, assimilano solo una parte della biomassa vegetale, e siccome
da soli fabbricano pochi aminoacidi e nessuna vitamina, per cui li debbono
ricavare dal cibo, sono obbligati a mangiare una quantità di vegetali
sufficiente a fornire il fabbisogno di sostanze limitanti, e quindi un volume
in eccesso che poi finisce come scarto nelle feci.
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