Sviluppo sostenibile
 

Capire cosa costituisce un'attività umana sostenibile è essenziale per ogni studio di politica di formazione ambientale e costituisce anche il soggetto di continui dibattiti a livello nazionale ed internazionale.
Alcune organizzazioni ambientaliste si prefiggono la meta di tornare a un ambiente "naturale", come quello precedente lo stanziamento umano. Nella maggior parte delle aree abitate dagli esseri umani, tuttavia, tale ritorno non può verificarsi senza distruggere le infrastrutture fisiche ed il tessuto sociale. 



L'agricoltura, l'attività mineraria, la pesca, la selvicoltura, l'industria, i trasporti e le costruzioni provocano grandi mutamenti, talvolta irreversibili, all'ambiente. Poiché il ritorno all'ambiente "naturale" è, nella maggior parte dei casi, una meta utopica, bisogna concentrarsi sullo sviluppo "sostenibile" - cioè, un tipo di sviluppo che può essere mantenuto indefinitamente senza effetti nocivi sull'ambiente, assicurando, così, che il pianeta sarà in grado di ricevere le future generazioni.


Agenda 21

Secondo l'Agenda 21: "Sviluppo sostenibile significa più della semplice sostenibilità ecologica […]. Lo sviluppo sostenibile non è compatibile con la povertà, la mancanza di diritti umani e di libertà, l'ignoranza o l'emarginazione culturale, economica, politica o etnica. E ciò non solo perché la soluzione di questi problemi sociali implica un imperativo etico, ma anche perché tali problemi arrestano la creatività, il progresso tecnico, e la formazione del capitale necessario per uno sviluppo sostenibile. Per questo, l'educazione e la formazione per uno sviluppo sostenibile non significa solo educazione all'ambiente, benché quest'aspetto sia incluso"

L'educazione e la formazione per uno sviluppo sostenibile devono, perciò, essere indirizzate all'intera popolazione e devono coniugare scienza e tecnologia con etica e sviluppo sociale.

Gli indicatori ambientali

Nelle relazioni ambientali possiamo trovare dati da cui si elaborano le statistiche che vengono interpretate e riassunte negli indicatori, che ci danno una fotografia immediata di una porzione di realtà. Più indicatori possono contribuire all'elaborazione di un indice, a esempio l'HDI (indice di sviluppo umano) utilizzato per paragonare tra loro i diversi paesi per mezzo di tre variabili: speranza di vita, scolarità e ricchezza (PIL reale). Gli indicatori possono aiutarci a valutare la "sostenibilità" della vita in uno Stato, una regione o una città, interpretano lo stato dell'ambiente e le pressioni delle attività umane e permettono la rappresentazione sintetica dei problemi indagati, senza perderne il contenuto informativo. Possiedono dunque un valore non solo analitico, ma anche sinottico: raccolgono informazioni finalizzate a permettere una valutazione, proprio come la temperatura corporea è un indicatore dello stato di salute dell'organismo umano. Dovrebbero essere semplici, credibili, sintetici. Ogni perturbazione dell'uomo sull'ambiente determina una risposta con cambiamento dello stato iniziale, per questo motivo gli indicatori possono far riferimento a:
• pressione ambientale che le diverse attività umane esercitano sull'ambiente;
• qualità dell'ambiente attuale e sue alterazioni;
• risposta alle misure prese dalla società per lo stato dell'ambiente.

L'impronta ecologica

Tutta la vita sulla Terra dipende dall'interazione tra l'energia del Sole e la materia: partendo da semplici molecole dell'atmosfera e del terreno (acqua e anidride carbonica), le piante con la fotosintesi, "intrappolano" l'energia luminosa in sostanze organiche che nutrono le piante stesse, gli animali e l'uomo. Anche i combustibili fossili (carbone, petrolio, gas naturale) si sono formati nelle ere geologiche dalla trasformazione di sostanze organiche la cui energia veniva dal Sole. Le cellule, le unità che formano tutti i viventi, bruciano le sostanze organiche, ottenendo come prodotti di scarto acqua e anidride carbonica, che vengono restituite all'ambiente e possono essere usate per ricominciare il ciclo. Questo equilibrio permette alla vita sulla Terra di perpetuarsi.


Un ecosistema è formato da tutti gli esseri viventi e dai fattori non viventi (aria, acqua, suolo) presenti in un certo ambiente: la sua "capacità di carico" valuta qual è la massima popolazione di una determinata specie animale o vegetale che può sopportare senza che ne sia compromessa la produttività. Si esprime come numero di individui per ettaro e dipende dal modo in cui la specie in questione usa la capacità dell'ecosistema di produrre cibo, assorbire i rifiuti prodotti, offrire altre risorse come posti per nidificare o mettere le radici. Nel caso dell'uomo tale concetto perde molta della sua significatività sia perchè i consumi umani non sono determinati esclusivamente dalla biologia, sia perchè le forme d'uso delle risorse variano enormemente da luogo a luogo e nel tempo, con lo sviluppo della tecnologia ed il mutare dei bisogni; inoltre con il commercio l'uomo attinge alla produttività di ecosistemi lontani.
Il concetto di Impronta Ecologica inverte i termini del problema e valuta la superficie di ecosistemi produttivi necessaria per sostenere i consumi di un individuo o di un gruppo di individui. I consumi umani comportano l'utilizzo di territori che vengono sottratti alla natura: aree edificate per insediamenti umani, impianti e infrastrutture, territori per l'estrazione di materie prime e la produzione di energia, spazi necessari per lo smaltimento degli scarti generati durante i cicli di produzione e consumo.

II numero massimo ottimale di cittadini non può essere calcolato senza prendere in considerazione il territorio e gli stati confinanti. L'estensione del territorio deve essere sufficiente a consentire a un dato numero di persone un confortevole tenore di vita: non è necessaria una spanna di più.
Platone, Leggi