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  La scoperta della radiazione di
fondo trasforma la cosmologia in
scienza sperimentale
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A cura di Barbara Scapellato

Introduzione

Quando ci guardiamo intorno, la complessità del mondo ci disorienta e ci affascina. Da sempre vedendo nascere uomini e animali ci si chiede da dove veniamo e dove stiamo andando. I popoli antichi hanno risposto a queste domande con racconti fantastici che spiegas-sero l’ordine che appariva nell’Universo. I fenomeni naturali erano controllati da spiriti con emozioni uma-ne che spesso agivano in modo capriccioso e impreve-dibile e che risiedevano in oggetti naturali come fiumi,montagne, la Luna, le stelle. L’origine delle cose e il loro cammino, la loro evoluzione, sono sempre stati il filo conduttore che ha unito, e unisce ancora oggi, ilmondo inanimato (dalle stelle alla Terra) a quello degli esseri viventi. Per lungo tempo la concezione statica,fissa, del mondo e la sua origine divina ( tutto è stato creato da Dio ed è rimasto così com’era) ha confinato l’origine e l’evoluzione in luoghi in cui la scienza non poteva entrare, impedendo, ad esempio, al concetto di evoluzione dei viventi di imporsi. Così è stato anche per l’Universo. Nessuno ha mai suggerito che l’Uni-verso sia in espansione o in contrazione. Le leggi della gravità, ad esempio, erano incompatibili con la conce-zione che l’universo sia immutabile nel tempo: il fatto che la gravità sia una forza sempre attrattiva implica infatti che l’Universo debba espandersi o contrarsi. Tutti, però, accettavano l’idea che l’Universo fosse da sempre esistito in uno stato sempre uguale oppure fosse stato creato, in un tempo finito in passato, più o meno come lo osserviamo oggi. Col progredire delle conoscenze, grazie a strumenti sempre più sofisticati,gli uomini hanno però scritto una nuova storia, con“finale a sorpresa”, che ora... vado a raccontare.

L’universo è sempre esistito oppure ha avuto un inizio?
Per molto tempo gli scienziati hanno ritenuto che questa domanda, ricadendo al di fuori del loro campo di indagine, sconfinasse nell’ambito metafisico di cui si occupano filosofi e teologi. Solo verso la metà del nostro secolo fisici e astronomi hanno cominciato a sviluppare tecniche sperimentali abbastanza sensibili da consentire di affrontare questo problema sulla base di prove dirette e non di visioni filosofiche e religiose. A dare inizio a questa rivoluzione fu Albert Einstein che diede forma a una nuova teoria della gravitazione,La teoria della Relatività Generale, ovvero a una nuova descrizione dell’interazione tra corpi dotati di massa. Nel 1917 Einstein pubblicò un articolo dal titolo “Considerazioni cosmologiche della Teoria della Relatività Generale” che, in un certo senso, fissò la data di nascita della cosmologia moderna. Questa teoria, ormai ben verifi-cata e accettata da tutti, stabilisce i rapporti tra massa,energia, spazio e tempo e si basa sull’idea rivoluziona-ria che la gravità non è una forza come tutte le altre, ma è una conseguenza della curvatura dello spazio-tempo prodotta dalla distribuzione di masse ed energia in esso contenute. Secondo Einstein, il nostro universo tridi-mensionale non costituisce che una “sezione” di uno spazio-tempo a quattro dimensioni, le cui proprietà geometriche sono non-euclidee, cioè riflettono una curvatura che rende non rettilinee e uniformi le traiet-torie di tutti i corpi (e dei fotoni di luce). Questa curvatura dà quindi origine ai fenomeni che usualmen-te sono descritti come effetto delle forze gravitazionali. Eistein dimostrò che le equazioni della sua teoria potevano venir soddisfatte da una distribuzione uni-forme (su larga scala) di materia ed energia. L’applica-zione di tale teoria ai moti dei corpi del sistema solare determinò solo minuscoli cambiamenti nella descri-zione teorica delle orbite dei pianeti, cambiamenti che si dimostrano utili per la conferma della validità della teoria ma che non influenzarono tuttavia la visione fondamentale dell’evoluzione del sistema planetario. Poiché l’idea di un universo in espansione era total-mente inconciliabile con le teorie cosmologiche ante-riori al ventesimo secolo e con le idee prevalenti della filosofia occidentale, Einstein cerco di trovare una soluzione alle sue equazioni che descrivesse un Uni-verso statico, ma non riuscendovi, modificò la propria teoria della gravitazione, introducendo una forza fisica supplementare che potesse bilanciare la forza di gravi-tà a distanze estremamente grandi e potesse così impedire il collasso dell’universo. Introdusse il termine di costante cosmologica, con cui intendeva affermare l’esistenza di una forza “antigravitazionale” repulsiva,legata alla struttura dello spazio-tempo, capace d icontrobilanciare l’attrazione gravitazionale in modo da rendere statico l’universo. Attraverso la teoria non si era ancora provato che l’universo dovesse espandersi.
Quando venne a conoscenza delle osservazioni di Hubble, Einstein si rese conto di aver commesso un 43errore nell’introdurre tale forza supplementare. Vari teorici applicarono ben presto la teoria della gravitazione di Einstein all’universo nella sua totalità. Sia il russoAlexander Friedmann (1922) che l’abate belga Georges Lemaitre (1927) utilizzarono la teoria generale della relatività di Einstein, per descrivere in che modo sarebbe potuto evolvere un universo in espansione;essi riuscirono a dimostrare che, ammessa la correttez-za delle equazioni di Einstein, era possibile costruire un modello di universo senza bisogno della costante cosmologica e senza che esso collassasse, a patto che l’universo fosse in espansione (prevedendo ciò che fu poi trovato da Hubble).Proprio nel decennio cruciale degli anni ‘20, mentre Friedman e Lamaitre stavano indagando sulle conse-guenze cosmologiche delle equazioni di Einstein, diversi astronomi americani erano intenti a misurare gli spostamenti Doppler verso il rosso delle galassie, gli oggetti che si sapeva essere i più distanti dell’universo.
I dati relativi alle galassie più distanti furono ottenuti da Edwin Hubble e Milton Humason che utilizzarono il telescopio di 2,54 m di Mount Wilson, il telescopio più grande del mondo per quei tempi. Hubble e Humason, lavorando sulle galassie, cominciarono adottenere gli spettri di questi oggetti e scoprirono, con grande sorpresa, che tutte le galassie, eccettuate quelle più vicine, presentavano uno spostamento Doppler verso il rosso ed erano quindi in moto di allontanamen-to dalla Terra. Attraverso una serie dettagliata di misure, Hubble e Humason furono in grado di dimo-strare che la velocità di recessione, misurata dallo spostamento verso il rosso, cresceva proporzional-mente al crescere della distanza della galassia. Più era grande la distanza della galassia, maggiore era la velo-cità alla quale si allontanava. L’espressione matematica di questa relazione lineare tra la velocità di recessione e la distanza è detta Legge di Hubble (1). La legge di Hubble non si applica alle galassie vicine che fanno parte dello stesso “Gruppo locale” della nostra Via Lattea e hanno notevoli velocità individuali che si sovrappongono a quelle dovute all’espansione genera-le dell’universo. Per le galassie lontane, invece, la legge di Hubble fornisce un metodo semplice per la misura della distanza. Dallo spettro della galassia si misura lo spostamento verso il rosso e si deduce il valore della velocità attraverso la formula dell’effetto Doppler (2);sostituendo questo valore nella legge di Hubble si ottiene facilmente il valore della distanza. La Legge di Hubble indica che l’universo è in espansione, dato che tutte le galassie sono in allontanamento dalla Terra. L’aumento della velocità di recessione, all’aumentare della distanza, sembrerebbe indicare che la Via lattea si trova al centro del moto di espansione, ma questa semplice interpretazione non è affatto corretta.
Dato che l’intero universo si espande, la distanza tra una qualsiasi coppia di galassie aumenta secondo la legge di Hubble. Sotto questo aspetto, l’universo somiglia ad un gigantesco reticolato cubico, simile a quelli che si trovano a volte nei parchi giochi dei bambini, fatto però di tubi che al passare del tempo si allungano sempre più; chi si trovasse in tale ipotetico reticolato,vedrebbe tutto il resto della struttura, e tutti gli oggetti in essa contenuti, allontanarsi man mano che il tempo passa.L’aver riconosciuto che le galassie sono sistemi stellari dalle dimensioni paragonabili alla nostra Via Lattea ha rinforzato la concezione astronomica dell’assenza di qualsiasi particolare significato attribuibile al nostro pianeta. Viviamo su uno dei 9 pianeti di una tra le 10 11stelle che compongono la Via Lattea che, a sua volta,non è altro che una delle circa 10 9 galassie visibili coni telescopi moderni, il che significa che il Sole non è che una delle 10 20 stelle dell’universo osservabile. Una tale visione è estremamente diversa da quella che si aveva solo 6 secoli fa, anteriormente alla rivoluzione coper-nicana, quando si pensava che la Terra fosse al centro dell’universo e che le stelle e i pianeti fossero punti luminosi poco lontani, che si muovevano intorno allaTerra per mettere alla prova l’intelligenza umana.
Hubble annunciò la scoperta dell’universo in espansione nel 1929. Un anno dopo Arthur S. Eddington fornì il legame cruciale tra osservazioni e teoria mo-strando che i modelli di universo in espansione dovuti a Friedman e Lemaitre producevano una relazione teorica tra spostamento verso il rosso e distanza che corrispondeva esattamente alla legge di Hubble. Que-sta scoperta stabilì la prima connessione diretta tra le due descrizioni, quella teorica e quella di osservazione,dell’evoluzione dell’universo. Con la possibilità di met-tere a confronto la teoria con la realtà, la cosmologia stava finalmente diventando una scienza vera e pro-pria. Negli anni ’40 e ’50 Gamow e coll., e C. Hayashi svilupparono la teoria cosmologica di Lemaitre, secon-do cui l’universo era originariamente contenuto in un denso globo di materia chiamato superatomo o atomo(uovo) primordiale, che esplose dando origine al mo-vimento che oggi è osservato come espansione dell’universo descritta dalla legge di Hubble, e studiarono gli eventi che avrebbero dovuto svilupparsi in tale esplosione. Il fatto che l’universo sia in espansione comporta che esso sia passato da una situazione di alta densità alla attuale distribuzione estremamente spar-pagliata delle galassie. Il cosmologo inglese Fred Hoy-le fu il primo a chiamare questo fenomeno “big bang”(3). Con l’appellativo scherzoso di “gran botto” egli intendeva in realtà mettere in ridicolo la teoria, ma l’espressione finì per attecchire perdendo la connota-zione negativa, benché sia un po’ fuorviante descrivere il fenomeno come una sorta di esplosione della mate-ria, a partire da un certo punto dello spazio. In realtà la situazione è del tutto diversa: nell’universo di Einstein il concetto di spazio e quello di distribuzione della materia sono legati e la recessione delle galassie non è che la manifestazione del dispiegarsi dello spazio stesso. Una caratteristica fondamentale della teoria è che la densità media dello spazio diminuisce (ovun-que) al progredire dell’espansione; la distribuzione della materia non possiede un confine osservabile.In una esplosione le particelle più veloci avanzano in uno spazio vuoto e definiscono una frontiera, ma nella cosmologia del big bang lo spazio è uniformemente pieno di particelle. L’espansione dell’universo ha avu-to scarsa influenza sulla dimensione delle galassie e persino degli ammassi delle galassie, perché queste strutture sono legate dalla gravità: è lo spazio tra di esse che si sta aprendo progressivamente. In questo senso l’espansione assomiglia alla lievitazione del dolce con le uvette: la pasta che lievita è analoga allo spazio e i chicchi di uvetta sono gli ammassi di galassie. All’espandersi della pasta le uvette si allontanano le une dalle altre e la velocità di allontanamento reciproco è direttamente legata alla quantità di pasta che le separae cresce con l’aumentare di questa. Gamow, attraverso questa teoria, voleva spiegare le abbondanze osservate nell’universo dell’elio e degli altri elementi chimici: la sintesi dei nuclei degli elementi chimici leggeri sarebbe avvenuta nei primi minuti di questa “esplosione”,ancor prima che esistessero le stelle, all’interno di un gas di neutroni incredibilmente caldo e denso (4) e sisarebbe formata una miscela di H (circa il 75%) e di He (circa il 25%) con piccole quantità degli altri elementi leggeri. Dopo qualche migliaio di anni si sarebbero formate le prime condensazioni di materia da cui nacquero le prime galassie, all’interno delle quali ebbe-ro origine le stelle. In altre parole, l’ipotesi più proba-bile è quella secondo cui gli elementi leggeri siano stati prodotti quando l’universo era giovane e molto caldo e gli elementi pesanti abbiano avuto origine più tardi nelle reazioni termonucleari che alimentano le stelle.
Esiste un’altra teoria capace di spiegare l’espansione e l’omogeneità dell’universo, quella dello stato staziona-no proposta nel 1946 da Hoyle, Bondi e Gold. Secondo questa teoria l’universo si espande per sempre e un acreazione spontanea e progressiva di materia provvede a colmare i vuoti che l’espansione crea. La materia così prodotta si aggregherebbe formando nuove stelle che sostituirebbero via via quelle vecchie. Secondo questaipotesi i gruppi di galassie vicini a noi dovrebbero apparire in media simili a quelli molto lontani, per cui l’universo avrà sempre lo stesso aspetto in ogni mo-mento e per ogni osservatore. La cosmologia del big bang prevede, al contrario che, poiché le galassie si sono formate tutte molto tempo fa, quelle lontane devono sembrare più giovani di quelle vicine, dato chela loro luce impiega più tempo per raggiungerci.Queste galassie dovrebbero contenere più stelle dei tipia vita breve e più gas dal quale si formerebbero nuove generazioni di stelle. La verifica di queste previsioni45osservati. Questi corpi celesti non hanno alcun corri-spondente attuale. Nel frattempo lo spinoso problema della discordanza tra l’età dell’universo e quella della Terra veniva risolto in maniera favorevole alla teoria del big bang. Nel 1952 sulla scia di Walter Baade del Mount Wilson Observatory, gli astronomi aumentarono di un fattore due la scala delle distanze galattiche. Di conseguenza l’età stimata dell’universo raddoppiò. Ulteriori ricerche la innalzarono fino ad un valore minimo di 10 miliardi di anni, mentre l’età della Terrarimaneva fissata a 4,5 miliardi di anni. Tuttavia molti scienziati apprezzavano la semplicità della teoria dello stato stazionario e continuavano a sostenerla, sottoli-neando che essa non costringeva a fare assunzioni arbitrarie su un evento iniziale o a preoccuparsi di ciò che potrebbe essere accaduto prima del big bang. I fautori dello stato stazionario erano anche molto inco-raggiati dal fallimento dei precedenti tentativi di con-futazione del loro modello e quindi si mostravano diffidenti nei confronti di nuovi attacchi. Ad un certo punto, però, anche Hoyle abbandonò il suo modello originario e lo sostituì con un’ipotesi più complicata e comunque non lasciò cadere quella della creazione continua.

Il fatto nuovo che sbloccò la situazione fu la scoperta della radiazione di fondo a microonde. E fu un problema di comunicazione legato alle trasmissioni via satel-lite che portò alla scoperta di questa radiazione. I Bell Laboratories avevano l’intento di trasmettere la mag-giore quantità possibile di informazioni alle frequenze delle microonde e a questo scopo era necessario indi-viduare ed eliminare tutte le possibili sorgenti di rumore. Lo strumento usato per la trasmissione, deri-vato dai sistemi radar militari messi a punto dai Bell Labs durante la guerra, era un’antenna a tromba costru-ita nel 1942 e successivamente modificata nel 1960. Lo strumento (radiometro differenziale per microonde)che seguiva i satelliti per telecomunicazioni Echo-1 e Telstar rilevava una radiazione imprevista. Penzias e Wilson, nel 1964, trovarono la spiegazione: lo stru-mento stava raccogliendo la radiazione cosmica di fondo già prevista da Dicke e Peebles e precedente-mente da Alpher e Herman nell’ambito della teoria del big bang. La versione più semplice della teoria del big bang prevedeva infatti che la radiazione proveniente dall’universo primordiale descrivesse una curva spet-trale particolare, uno spettro di corpo nero che si trovia circa 3 K (esattamente a 2,65 ± 0,09 K), e che fosse un residuo di quell’istante in cui è avvenuto il big bang,quando l’universo consisteva in un agglomerato estre-mamente caldo di particelle cariche e radiazione. Tra-mite l’osservatorio orbitante della NASA, il CosmicBackground Explorer (COBE), i cui dati sono stati resi noti nel 1992, e diversi esperimenti condotti da razzi e contrastanti è semplice da un punto di vista concettua-le, ma sono occorse decine di anni per realizzare rivelatori abbastanza sensibili da studiare in modo così dettagliato le galassie lontane. Una conseguenza molto importante della teoria dello stato stazionario è la continua creazione di nuova materia nello spazio. Se le galassie devono allontanarsi l’una dall’altra e se tutta-via l’universo deve mantenersi nella stessa situazione,è necessario che vengano create nuove galassie per prendere il posto delle vecchie che man mano sene vanno. La creazione di materia viola la legge comune-mente accettata secondo la quale nulla si crea e nulla si distrugge. La creazione di nuova materia avverrebbe però secondo una scala di tempi cosi lenta da non poter essere osservata in laboratorio; ammettendo una crea-zione uniforme di materia in tutto l’universo sarebbe sufficiente che in un anno fosse creato 1 g di materia entro una sfera di diametro di 2,5 Unità Astronomiche(una unità astronomica è pari alla distanza media Terra-Sole).Così, anche se la creazione continua di materia viola la legge di conservazione della massa, non sarebbe pos-sibile rendersene conto con esperienze di laboratorio. Inoltre anche la teoria del big bang viola questo principio creando tutta la materia in una sola volta,all’inizio del tempo, lontano da ogni possibilità di studio scientifico.
Negli anni ‘50 e all’inizio degli anni ‘60 numerose osservazioni astronomiche dimostrarono però che l’uni-verso è cambiato nel tempo in modo significativo,Martin Ryle di Cambrigde effettuò un conteggio delle radiosorgenti lontane e di quelle vicine, sapendo che i segnali più distanti avevano impiegato più tempo ad arrivare e quindi rispecchiavano una fase più antica della storia dell’evoluzione dell’universo. Ryle conclu-se che in passato il numero di radiosorgenti era inferio-re all’attuale. Sebbene alcuni astronomi non ritenesse-ro decisive le sue argomentazioni, ulteriori prove si ebbero con la scoperta di quelle che sembravano le più antiche sorgenti di radiazioni: i quasar. Il termine quasar (quasi stellar radio source) indica oggetti celesti raramente osservabili nel campo ottico e che si presentano puntiformi cioè quasi stellari. I quasar emettono una quantità di energia paragonabile a quella di una galassia e presentano un eccezionale spostamento verso il rosso delle righe spettrali; quindi dovrebbero avere velocità di fuga elevatissime e, per la legge di Hubble, sarebbero gli oggetti più lontani che si conoscono nell’universo, distanti una decina di miliardi di anni luce. Alcune loro caratteristiche (es.nucleo in fase esplosiva) fanno supporre che i quasar siano galassie all’inizio della loro evoluzione, in quanto essendo lontanissimi, si vedono com’erano molti mi-liardi di anni fa. Tuttavia non è ancora stato possibile inquadrarli in un “modello” che si adatti ai vari tipi46palloni sonda e da terra, si sono compiuti studi estre-mamente particolareggiati della radiazione di fondo e si è visto che essa possiede due proprietà caratteristi-che. La radiazione cosmica di fondo sembrava essere praticamente identica in tutte le direzioni (isotropia). Per anni i cosmologi hanno cercato, senza successo,lievi variazioni della radiazione che avrebbero costituito il seme della formazione delle galassie e degli ammassi di galassie e i teorici si vedevano costretti a escludere ogni minima fluttuazione della densità ini-ziale contenuta nei loro modelli. I dati riportati dal satellite mostrano invece piccolissime variazioni della debole radiazione a microonde che pervade l’universo, dando così forza alle prove a sostegno del big bang. In secondo luogo, la teoria predice che la radiazione fossile del big bang dovrebbe avere uno spettro di corpo nero: questo è effettivamente lo spettro mostra-to dalla radiazione di fondo (molto simile a quello di un corpo in equilibrio termico con la radiazione a 2,726 K)rilevata dal COBE.
La lieve anisotropia spaziale e la forma dello spettro della radiazione di fondo sono sufficienti a identificar-la quale risultato dell’esplosione primordiale. Natural-mente quando questa radiazione fu prodotta, l’univer-so era molto più caldo, ma alcuni ricercatori avevano giustamente anticipato che la sua attuale temperatura dovesse essere molto bassa, proprio a causa dell’espan-sione dell’universo.La radiazione cosmica di fondo fornisce un’indicazione diretta del fatto che l’universo cominciò a espandersi a partire da uno stato di densità e temperatura elevatissime, perché sono proprio queste le condizioni necessarie a produrre una simile radiazione. Fu, quindi, questa scoperta che consolidò la teoria del big bang e contemporaneamente fu la svolta decisiva che trasformò la cosmologia in una scienza sperimentale.

Barbara Scapellato

Note
(1) v = Hd, dove v è la velocità misurata in km/sec d è la distanza misurata in megaparsec, H è la costante di recessione, il cui valore è compreso tra 60 e 90 Km/sec per Mpc.
(2) ?’ = ??* (v ± w)/(v ± V)
?’ = frequenza osservata; ??= frequenza emessa; v velocità di propagazione delle onde; W velocità dell’osservatore; V = velocità della sorgente.
(3) La teoria classica del big-bang è nota anche come teoria ????????dalle iniziali dei fisici R. A. Alpher, H. A. Bethe e G. Gamow che la esposero in un articolo, divenuto famoso,
pubblicato nel 1948.
(4) Alpher chiamò questa sostanza ipotizzata da Gamow “Ylem” da un termime greco che significa materia primordiale.

Bibliografia
C. S. Powell L’età d’oro della cosmologia LE SCIENZE n. 289 ’92 Peebles, Schramm, Turner, Kron L’evoluzione dell’universo Le Scienze n. 316 ‘94
C. J. Hogan L’idrogeno primordiale e il big-bang LE SCIENZE n. 342 ‘97
C. Böhm Bagliori sulla materia oscura L’ASTRONOMIA n. 174 ‘97
H. L. Shipman Introduzione all’Astronomia Zanichelli, 1988

 
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