La differenza che più salta agli
occhi fra mondo vivente e non vivente è che il primo sembra dotato
di un progetto; come non osservare che delfini e squali
possiedono una forma perfettamente idrodinamica, che le zampe del
cavallo sono adatte per la corsa, che gli insetti stecco assomigliano a
bastoncini per potersi nascondere dai predatori?
La ricerca di un fine nelle opere
della natura fu fatta propria dal cristianesimo, come, ancora alle
soglie dell’Ottocento, è testimoniato dall'opera del reverendo
William Paley che vedeva nel
mondo un completo, perfetto equilibrio; esiste
davvero un'armonia nella natura?
Il concetto di
adattamento, al di là delle interpretazioni dei teologi della natura,
ha avuto e continua ad avere un valore esplicativo enorme per i
biologi; è proprio chiedendosi a cosa serve, cioè quale
funzione svolge una determinata struttura, che si può comprenderne il
funzionamento; si tratta tuttavia di un vecchio termine “riciclato”, che,
utilizzato con significati nuovi, e in diversi contesti, genera
ambiguità, e continua ad avere significati molteplici: esiste per
esempio l’adattamento Darwiniano (è la variazione che consente a
organismi di essere idonei in quel determinato contesto) e quello lamarckiano
( gli individui, attivamente si modificano e si adattano); un processo di
adattamento avvenuto in passato e stabilizzatosi nella specie e un
adattamento evolutivo in atto nel presente e da un certo numero di
anni e che può dipendere da variazioni culturali.
Nell’accezione comunemente divulgata dell’evoluzione,
poi,
esistono gli organismi, l’ambiente che crea loro dei problemi,
le soluzioni offerte dall'adattamento - selezione; ambiente ed organismo
sembrano separati, come se
esistesse un ambiente vuoto e organismi in corsa per colonizzarlo,
mentre così non è, ma esiste un’interazione inestricabile fra organismi
ed ambiente.
Altro problema è se l’evoluzione porti ad adattamenti
sempre migliori: è esistito un inizio, la nascita della vita, una fase intermedia in cui si assiste ad un progressivo
aumento di complessità, nasce la coscienza e poi la vita avrà un termine che potrebbe essere
interpretato, secondo le scritture, come il momento della seconda venuta
del Cristo e la fine dell’umanità? È questa la posizione sostenuta
negli scritti di Teilhard de Chardin, e
recentemente, in Italia da
Ludovico Galleni. Ma la nascita dell’uomo e della
coscienza è stata davvero un evento necessario ?
Una posizione completamente diversa
da quella di Teilhard de Chardin è stata sostenuta da Jaques Monod,
che ha visto nell’evoluzione una sintesi del caso e della necessità. Sono
state citate queste posizioni estreme per mettere in luce come l’adattamento
ponga problemi di fondo che travalicano il campo naturalistico per
coinvolgere “domande ultime” che permeano da sempre tutti i campi
del sapere: l’evoluzione ha forse preso il posto di Dio nella
creazione del mondo? La natura è benevola e partecipe o matrigna ?
Esiste una freccia o un ciclo del tempo? Ciascuna era
geologica è contrassegnata da fenomeni di estinzione più o meno
imponenti e questo mette in luce come il graduale perfezionamento degli
organismi sia difficilmente sostenibile, anche se è innegabile che nel
corso dell’evoluzione si assiste ad un aumento di complessità. Secondo Van Valen, l'adattamento è un processo "conservativo", che tende a
preservare la specie piuttosto che a migliorarla e fa notare come non vi sia una sostanziale
differenza nel rischio di estinzione tra le specie
più giovani e quelle più longeve.
La formazione di organi complessi
rappresenta un grosso problema; come spiegare la nascita di piani di
organizzazione completamente nuovi, come il passaggio dai rettili agli
uccelli o la formazione dell’occhio dei vertebrati ?
Si tratta di strutture la cui
formazione implica imponenti rimaneggiamenti, che, secondo alcuni studiosi, come Lewontin, Gould, Stanley, non possono essere interpretati
attraverso trasformazioni lente e graduali.
Il genetista Goldschmidt, intorno agli anni quaranta, fu fra i primi ad ipotizzare una netta
demarcazione fra microevoluzione
e macroevoluzione,
mentre gli esponenti della nuova sintesi non furono e non sono d’accordo
con questo tipo di interpretazione e per ovviare alle critiche volte al
gradualismo filetico, Mayr ha introdotto il concetto
di preadattamento.
Altro problema è dato dal valore adattativo di ogni singola struttura; esiste
una sorta di onnipotenza nella natura che plasma gli organismi in modo
perfetto? Lewontin e Gould
hanno definito questa interpretazione del concetto di adattamento un “programma
panglossiano”, in onore di Panglosso.
In un saggio del 1979, I
pennacchi di San Marco e il paradigma di Panglosso, Lewontin
e Gould hanno proposto un’analogia che spiega molto bene il limite del
concetto di adattamento: nella cattedrale di San Marco a Venezia vi sono
dei mosaici posti nei “pennacchi”; ci si può chiedere se i bei mosaici, che si
adattano così bene alla conformazione dei pennacchi, sono il motivo
della presenza degli stessi, ma evidentemente i pennacchi rappresentano
un vincolo ineludibile e le figure ivi rappresentate sono un di più non
necessario, non “adattativo”.
Non tutte le strutture presenti in un
organismo, a ben guardare, appaiono realmente adattative; quale la
funzione delle piastre ossee sul dorso dello Stegosaurus? Hanno una
funzione termoregolatrice, sono segnali di riconoscimento nel
corteggiamento oppure sono un'arma di difesa? Un adattamentismo
spinto e acritico porta ad una visione panglossiana
del mondo che può sfiorare il ridicolo (il mento umano si è affermato
per sorreggere la barba?Il naso serve per appoggiare gli occhiali?...)
Le nuove strutture vengono
elaborate a partire da organi preesistenti che in origine erano
incaricati di un determinato compito ma che si sono progressivamente adattati a funzioni differenti; Jacob, per spiegare
questo concetto, utilizza la metafora del bricoleur.
Il concetto di adattamento
è strettamente correlato a quello di selezione
naturale poiché le variazioni che favoriscono la sopravvivenza di
un individuo in competizione con altri organismi e di fronte ad una
pressione ambientale, tendono ad aumentarne il successo riproduttivo ed
essere così conservate.
L'adattamento non è insomma l'unico processo in
grado di spiegare i cambiamenti evolutivi: altri fattori entrano in
gioco: il caso, la capacità di uno o
pochi geni di influenzare più caratteri, per cui se un gene offre
certe caratteristiche favorevoli in un determinato ambiente e nel
contempo determina anche un certo colore della pelle, il colore
sarà un accessorio senza valore adattativo. Esistono inoltre strutture
la cui funzione iniziale risulta diversa da quella successiva: si parla
in questi casi di pre-adattamento o
ex-attamento

pennacchi: termine architettonico che sta ad
indicare la zona in cui la cupola, a pianta circolare, si raccorda a un
basamento a pianta quadrata