IL GIARDINO NELLA STORIA

Con la parola giardino, si e soliti indicare quell' appezzamento di terreno in cui si coltivano piante e fiori ornamentali. In realtà le più antiche descrizioni presentano il giardino come orto o verziere, con scopi quindi utilitaristici. Solo in epoca imperiale, nell' antica Roma, il giardino comincia ad assumere le caratteristiche che rispondono alla nostra concezione di giardino. Più tardi nel Medioevo, il giardino diventa un luogo di meditazione e di ritiro. Nel Quattrocento e nel Cinquecento, in seguito a cambiamenti urbanistici, nacquero le città-fortezza in cui sorgevano i palazzi fortezza. Questo tipo di costruzione fu destinato all' Ozio e al riposo, ed i giardini divennero una parte essenziale di queste nuove abitazioni. Sempre in questo periodo, caratterizzato dal pensiero umanistico che prevede un rifugio in un luogo tranquillo, nasce la villa con il giardino, dove appunto i signori potevano rilassarsi e passeggiare. Questo giardino era costituito da varie piante: alloro, pomi, peri, melograno, pruni, viti e platani, ed era chiuso da un recinto; isolato quindi dal mondo circostante. Successivamente, durante il Rinascimento, nei giardini vennero inseriti alcuni nuclei architettonici in funzione del giardino (porticati, ninfei,...); vi si dedicarono molti dei più noti architetti, fra i quali Raffaello. Furono inserite anche colonne, statue, sarcofagi, e soprattutto fontane; 1' acqua divenne, infatti, un elemento decorativo importante quasi come il verde. C' era poi una parte spettacolare, con il parco dei cervi e quello della caccia, ed il lago scavato al centro di una costruzione rotonda. Il giardino divenne cosi una delle più diffuse espressioni dell'architettura cinquecentesca. In epoca barocca, invece, allo scopo di ottenere un aspetto pittorico, si ornano i giardini con un maggior numero di alberi. Da qui nacque anche il "labirinto", che diede un effetto sorprendente al giardino Nel 1700, in tutta Europa sì diffuse il "giardino all'italiana" perché era sempre più bello ed originale. Durante il Romanticismo, invece, prevalse il "giardino all' inglese" con un aspetto quasi selvaggio. Nota testimonianza è il giardino di Ninfa. Successivamente il giardino patrizio scomparve quasi, perché sostituito dall' orto botanico in cui furono coltivate le piante esotiche che arrivavano in Europa. Nell'età moderna tutto ciò scompare perché le costruzioni delle grandi città divorano il poco verde rimasto. Infatti sono rimasti solo i parchi pubblici, ricavati dalle ville patrie poiché è l'unico modo per non far distruggere le ville storiche e proprio quello di destinarle ad uso collettivo.

La singolarità del giardino di Ninfa

Il giardino di Ninfa è stato definito un giardino all'inglese; esso è il trionfo del giardino romantico; ciò è stato reso possibile da una singolare convergenza di circostanze propizie: sorgenti d'acqua e condizioni climatiche favorevoli hanno permesso l'attecchimento di piante di origine più diverse, dall'Hymalaya al Brasile. A completare la singolarità del giardino è il villaggio medioevale di Ninfa. Della creazione e della formazione del giardino si sono occupate principalmente donne, tutte di formazione anglosassone: Anna Caetani, Margherite Chapin, Lelia Caetani, rappresentanti delle ultime tre generazioni della famiglia Caetani.

Che cosa è un giardino.

Non si deve mai dimenticare che il giardino è qualcosa composto da elementi naturali, ma che sostanzialmente è artificiale. Artificiale quindi in questo caso significa: "accostato con arte". Artificiali sono le presenze vegetali che convivono in uno stesso luogo, anche se provenienti da continenti diversi. L'importazione e l'acclimatazione di piante, semi, ecc., provenienti da lontano, è una passione che alberga nel vero appassionato di giardinaggio. L'Inghilterra ha avuto esempi illustrissimi di "plant hunters" e da mecenati che davano loro incarichi. Anche la famiglia Caetani, in un documento del 1600, risulta committente di un acquisto di piante varie, presso un mercante specializzato, da destinarsi al loro giardino. Per certi giardini è sufficiente l'abbandono per tre anni consecutivi perché vada persa gran parte delle piante meno robuste, che sono spesso le più interessanti. Sei anni di abbandono consecutivi sono in genere sufficiente affinché il carattere originario del giardino, definito dai sui arbusti e dalle sue erbacee, sia completamente cancellato dallo sviluppo di rovi, vitalbe e altre spontanee infestanti. In questo caso quindi, non rimane che lo scheletro principale del giardino, la sua struttura primaria, quella arborea. In un giardino ci sono delle presenze vegetali da considerarsi labili, in quanto la loro grande delicatezza le destinerebbe a soccombere lasciando lo spazio alle loro vicine se si trovassero in natura. Il giardino è quindi vulnerabile al tempo. Nel breve arco di un anno, il giardino cambia aspetto almeno quattro volte; cioè, le mutazioni sono molte di più, ma esse possono essere identificate nelle immagini delle quattro stagioni. In effetti, l'impostazione all'inglese del giardino di Ninfa, ha portato a scelte vegetali che accentuano al massimo le differenze stagionali rendendolo ricco di variazioni.

Il giardino all'inglese

Studiosi della storia del giardino sostengono che fra le molteplici e complesse influenze che l'hanno generato, ci sia anche un contributo italiano. E innegabile però che le più importanti realizzazioni, fra le più significative teorizzazioni di questo nuovo gusto del giardinaggio, furono opera d'inglesi. Bridgemen e Kent lo progettarono e lo realizzarono. È innegabile quindi, che questa scelta di fondo appartenga più al mondo anglosassone che a quello latino. Horace Walpole nel 1770 traccia l'evoluzione di questa tendenza e descrive, fra l'altro, l'importanza dell'acqua, presente nei giardini all'inglese, "il dolce corso d'acqua secondo suo piacimento in curve serpeggianti e sarà discontinuo attraverso differenti livelli. Il suo cammino sarà disseminato da restringimenti opportunamente distribuiti e la sua presenza scintillante si vedrà da una distanza calcolata in modo tale che la sua visione sembri naturale"; queste le sue parole. I tracciati si snodano sinuosi, incrociandosi liberamente. La piantumazione ha schema libero; non presenta geometrismi, ma favorisce la creazione di effetti di luce. La sequenza prospettica e il contrasto fra luce ed ombra furono sempre alcuni degli obiettivi principali nella progettazione dei giardini all'inglese.

Evoluzione del giardino di Ninfa

È probabile che Ninfa, un luogo così ricco di acque e climaticamente mite, riparato dai venti, sia sempre stato ricco di vegetazione sia coltivata che spontanea. Per quanto riguarda l'impostazione del giardino attuale, esso è opera di più persone in tempi diversi. Gelasio Caetani, nei suoi interventi di restauro delle rovine, tra il 1910 ed il 1922, ha posto anche le basi dell'attuale giardino. Quindi a lui si possono attribuire tutti i grandi alberi esistenti: cipressi, cedri, lecci, pioppi. Negli anni trenta è intervenuta nel giardino la moglie del duca Roffredo, Margherita Chapin; sua è l'introduzione di piante più rare: i ciliegi da fiore, le rose, i meli da fiore e parecchi altri arbusti. Il suo non era un giardino, ma un sito abbastanza selvaggio. Suoi erano molti salici lungo il corso d'acqua principale. Di carattere deciso, fece tagliare cinque enormi cipressi nel pieno del loro rigoglio per perfezionare una veduta. Sua figlia Lelia dal 1950 in poi fece inserire piante particolari; è il personaggio che ha lasciato la maggiore impronta nel giardino così come lo vediamo oggi, poiché era molto influenzata dall'Inghilterra. Da lei sono stati piantati: i Ceanotus, i Rhus, i Crategus, i molti ciliegi da fiore, le magnolie stellate e tanti altri arbusti e alberi. Aveva la decisa passione per le rose antiche: la rosa Banzsia in particolare e le Clematidi; tutti i rampicanti adeguati all' ambiente delle rovine. Questo accostamento romantico rampicante-rovina è proprio del giardino all'inglese.

Equilibrio delle parti

La forma libera di alberi ed arbusti permette ai loro rami di toccare a terra. Ad esempio, una ramificata "magnolia soulaugeans" può essere attraversata da una persona chinata. Anche se le preferenze di chi creò il giardino erano orientate verso una flora da clima temperato, e di provenienza settentrionale, esistono a Ninfa parecchie piante sub-tropicali. Abbiamo così la compresenza delle sventolanti e sontuose foglie del banano e dei delicati profili frastagliati dei nordici Aceri e Cornus. Troviamo inseriti, nel boschetto di betulle ed accostati ai tronchi di esse, esemplari di "Aralia papirifera" dalle singolari foglie, mentre lungo il corso principale d'acqua, gruppi di "Gunnera Manicata" con la loro enorme vegetazione tropicale. Di importanza fondamentale è garantire la sopravvivenza del giardino. Alcune piante, anche in un giardino perfettamente curato hanno un loro reale ciclo di vita, cioè la pianta nasce, cresce, muore in tempi che comunque sono più brevi del giardino stesso. Altre piante muoiono per malattia o intemperanze climatiche. E' facile, quindi, perdere le specifiche caratteristiche di un giardino, ma a Ninfa la cura è sempre costante e attenta. Un altro impatto pericoloso, specialmente per un giardino così particolare, così "selvaggio" come quello di Ninfa, può essere sostituito da una presenza antropica troppo assidua o troppo numerosa. E ormai appurato che la conservazione del terreno dovuto al calpestio troppo concentrato e troppo ripetitivo, induce ad un processo irreversibile nei confronti della vegetazione di superficie.

 

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